I tre del West Virginia hanno dichiarato che questo è il loro disco più pensato e cervellotico. Risulta però difficile crederlo dopo un solo semplice ascolto, non perché il lavoro non suoni bene o perchè non voglia dare credito alle loro parole, ma perché effettivamente l’immediatezza e la carica delle tracce contenute sembra piuttosto voler celare una certa urgenza nel proporre d’istinto e di botto un’ipotetica jam session di hard rock tiratissimo, e ciò di cervellotico non sembra avere niente.
Dopo più ascolti però, quello che mi fa pensare che le loro dichiarazioni siano decisamente pertinenti, è la struttura dei brani abbastanza articolati, ma soprattutto la qualità degli arrangiamenti; mai una nota di troppo e sempre perfetta in quel preciso frangente, cosa che farebbe godere qualsiasi musicista, soprattutto in questo caso se provvisto di barba folta e lunga. Oppure la scelta di interrompere la linea d basso in uno stacco di batteria e chitarra, per poi esplodere e dare maggiore tiro al pezzo quando riparte la strofa…beh questi sì sono accorgimenti ragionati e che fanno la differenza su un disco stoner.
Per il resto troverete i soliti muri di chitarra, repentini stop’n’go e cambi di ritmo come nelle prime due tracce, “Fifty Seven” e “Fifty Six”, due veri schiaffi in faccia, ma mai sentirete un assolo come riempitivo o abbellimento, scelta che potrebbe risultare azzardata visto già il non utilizzo della voce , (consuetudine dal loro secondo full lenght in avanti) ma che invece si rivela vincente perché ciò nonostante Arch Stanton non annoia mai, anzi risulta essere una se non la migliore uscita stoner dell’anno…come diceva qualcuno quando ero pischello: “provare per credere!”