“Tribal dreamy tale music” è ciò che fanno, accontentiamoci di questa follia e godiamo di un concentrato, appunto, tra prog non invasivo, rock cerebrale e psichedelia a volte stordente.Come degli Oneida al femminile che giocano con synth giocattolo e chincagliera tradizionale per sbroccare tra minimalismo d’accatto e passaggi quasi prog-metal (la coda di Desert Empress Pt. 1) o che a un certo punto invitano Kusturica a creare un portale spazio-temporale tra la California della summer of love e il Giappone più freak e andato a male (la Pt. 2), le tre musiciste amano disorientare e destabilizzare infilando nenie infantili (Full Moon Spree), wave dell’altrove (Titian), heavy-gamelan-rock (Lava Naksh), dark-jazz notturno e da dopobomba (Raven’s War), sabba tribali in modalità post-Boredoms (Para Bennyà) in un disco che è l’ennesimo invito a guardare al di fuori del “rock” anglo/eurocentrico per trovare vitalità e stupore.