LEO FERRE' Métamec Métamec esce da un cassetto, a sette anni dalla sua morte, ma non è un testamento, non è un'antologia bensì un canto di stelle, un altro canto alto fermato, col tempo, nella gola del tempo. Nove canzoni improvvisate, ma non troppo. Perfette nella loro forza ispiratrice, esse invocano la felicità anche di fronte alla morte. Bastano poche note di un pianoforte per 'Du Coco', 'Le vieux marin', 'Michel', Si tu veux tu es neuve' per coprire d'amore la notte che avanza sulle note dolci e improvvise di Opus X, il brano di chiusura. Due minuti di silenzio di parole per entrare nell'eternità. Sono brani da 'L'Opéra des rats', da 'Testament phonographe', progetti rimasti incompiuti ("des mots imaginés qu'on parlera demain") di un marinaio assetato di conoscenza che non ha paura di spingersi in mare aperto incontro al silenzio. Nelle lunghe composizioni 'Death death death' e 'Métamec' si ritrovano i pensieri di un Ulisse beethoveniano e i passi de 'La chanson du mal-aimé', di un autore eternamente perduto tra versi alessandrini e parole incandescenti. Di una vita d'artista incisa nella Memoria e nel Mare.