LESSER/Gearhound Dietro Lesser di cela J Doerck, sperimentatore di San Diego trapiantato a San Francisco ed immischiato da anni nei progetti più disparati (inclusa una cover band dei Metallica...) con mille e uno pseudonimi. Armato di una drum machine e di pochi altri aggeggi elettronici, Lesser questa volta ha - involontariamente? - creato un lavoro che temo sarà vittima di troppi ascolti frettolosi. I sedici brani di "Gearhound" sono infatti un blob allucinante, un folle zapping d'avanguardia. Ritmi drill un po' dovunque, simil neokraut in "Voice O' Reason", un po' del secondo Aphex Twin con tutta la Warp, dagli Autechre alla recente Mira Calix, qualcosa dei Pan Sonic, Beck nell'attitudine (soprattutto quello di "Stereopathetic Soul Manure") e pure le devastazioni di "Twin Infinitives": io ci ho sentito dentro di tutto. Ma soprattutto (soprattutto) le prese (parodistiche?) di molta dell'elettroacustica contemporanea: "Obligatory Glitch Worship" riparte dallo Steve Roden di "The Radio" (non a caso originariamente realizzato per un expo a San Francisco) e parecchi pezzi si avvicinano, da sinistra, agli sperimentatori chicagoani (Kevin Drumm, Olivia Block). A differenza loro, Lesser non gioca con silenzi cageani, anzi elimina ogni ipotesi di spocchia ritagliando per ogni pezzo un formato pop/collagistico, e condendo il tutto con campioni di altri brani, rumorismi, voci, cazzeggi vari. Il tocco in più è la leggerezza tipicamente californiana che permea "Gearhound": le stramberie dei freaks rivivono negli accostamenti irriguardosi e in un cannibalismo musicale che non trova altra ragion d'essere che in se stesso. E le risate rovesciate e loopate alla fine di "Voice O' Reason" fanno pensare: forse che tutto questo è stato ottenuto per caso. "Gearhound" è un buco nero, che traccia dopo traccia ha inglobato decine di dischi del pop attuale, lasciando il timore di aver di fronte o una bufala pazzesca o un monstrum, che ci vorrà tempo a digerire.