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LIBERACE

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LIBERACE Il ragazzo dei candelabri Un uomo, seduto ad un lucido - ma non necessariamente nero!- pianoforte a coda, illuminato da sfarzosi candelieri, suona un medley di musica classica e ballate popolari. Indossa una giacca di lamè dorato, con collo di pelliccia bianca, le mani che corrono sulla tastiera sono cariche di anelli, i capelli sono disposti in una serie di onde e riccioli lucidi come lo strumento. E' l' immagine di Wladziu Valentino Liberace, in arte semplicemente Liberace, divenuta famosa nell' arco di una decina di anni grazie al "Liberace Show", che trasformò il pianista di origine italo-polacca in una delle prime grandi star televisive americane. Un' immagine di epica volgarità, che nonostante tutto ha affascinato masse di fan in tutto il mondo durante gli anni '50, mettendo in ombra le autentiche capacità musicali dell' artista, che aveva cominciato come bambino prodigio, il cui talento musicale era stato notato e lodato niente meno che dal grande Paderewsky. Era nato il 16 maggio 1919 a West Allis, Wisconsin, Usa, in una famiglia dove si faceva musica: in particolare suo padre Salvatore, che suonava il corno sia nella John Philip Sousa Band sia nella Milwakee Symphony Orchestra. Anche i figli George e Wladziu sembravano destinati a diventare musicisti di professione. Wladziu a sette anni vinse un posto al Wisconsin College of Music. La borsa di studio sarebbe durata in tutto 17 anni - la più lunga mai concessa da un'accademia -, durante i quali il giovane pianista debuttò in concerto a 11 anni e si esibì con famose orchestre sinfoniche prima di uscire dall'adolescenza. Ne sarebbe potuta seguire un'appagante carriera di recital classici e di master class universitari, se non fosse stato per il senso dell' umorismo di Wladziu e per la sua facilità nell' auto-promozione. Nel 1934 prese lezioni di dizione per cancellare il suo accento polacco in modo da facilitare l'emergere di una dono naturale per lo spettacolo. Dopo aver prestato servizio in un'unità per l'intrattenimento delle truppe durante la Seconda Guerra Mondiale, suonò e cantò in complessi da ballo: fu durante un ciclo di spettacoli al Wunderbar di Warsaw nel Wisconsin che venne presentato per la prima volta con il solo cognome, destinato a diventare il suo nome d'arte 'Liberace'. Al Persian Rooms di New York un esperimento in cui suonava il contrappunto a vari dischi - incluso un suo singolo, inciso per la Signature - amplificati all'interno del locale fu stoppato dal sindacato dei musicisti. Poi ci fu una stagione più felice in California, sfociata in un contratto con la Decca, che progettava di trasformarlo in un secondo Frankie Carle. Ma, dato che desiderava sviluppare uno stile più personale, si trasferì alla Columbia Records, dove, con la supervisione di Mitch Miller, incise una fiammeggiante versione di'September Song', che, accompagnata da un album tratto da un concerto, proiettò Liberace verso un' audience nazionale. All' inizio degli anni '50 il suo repertorio abbracciava Gershwin, cocktail jazz, musiche da film ('Unchained Melody'), boogie-woogie, pezzi suoi ('Rhapsody By Candlelight') e adattamenti di classici come 'Story of Three Loves', presa in prestito dalle variazioni di Rachmaninoff su un tema di Paganini. Ma soprattutto Liberace raggiunse la popolarità grazie a una serie di bis in cui proponeva canzoncine e filastrocche come 'Maizy Doats' e 'Three Little Fishes' in arrangiamenti carichi di arpeggi e trilli. Qualcosa di simile accadde alla sua immagine, che si caricò di orpelli: il suo guardaroba, definito "il più sgargiante del mondo", comprendeva lustrini e pailettes, pelliccia bianca e lamè, accecanti batterie di gioielli (spesso dono di fan). Sprigionava fascino e stravaganza seduto al pianoforte (che poteva essere bianco, dorato o addirittura di cristallo) a lume di candela: i candelabri in particolare divennero un po' il punto focale della scenografia che lo accompagnava in Tv e nei suoi spettacoli, ma anche l' elemento caratteristico delle sue dimore. "The Liberace Show" cominciò nel 1952 su un' emittente locale, ma fu subito promosso alla rete nazionale. Con l'audience nazionale arrivò anche la fama, le cinque copertine a lui dedicate da "Tv Guide", gli articoli (la stampa lo ribattezza "the Kandelabra Kid", il ragazzo dei candelabri), la nomina da parte di una rivista come "pianista più veloce del mondo" per aver suonato 6.000 note in due minuti, la realizzazione di sogni giovanili come i concerti all' Hollywood Bowl, alla Carnegie Hall e al Madison Square Garden, le vendite stratosferiche di dischi. E inoltre la citazione in "Mr. Sandman", un hit delle Chordettes nel 1954, il film "Sincerely Yours", nel quale interpretava la parte di un pianista sordo, a fianco del fratello George (futuro amministratore del Liberace Museum di Las Vegas), la pubblicazione di un libro di ricette di cucina a suo nome. Nel 1955 si contavano 163 fan club ufficiali in tutto il paese con un totale di 230.000 iscritti. Il pianista riceveva valanghe di posta e i regali dei suoi ammiratori, tra gioielli e altri oggetti, avevano raggiunto un valore complessivo di 40.000 dollari. Nello stesso anno, con un salario di 50.000 dollari a settimana, divenne l'artista più pagato di Las Vegas. Il tutto coronato da un' udienza speciale di Papa Pio XII e dall' annuncio del suo fidanzamento con Joanne Rio. Ma anche in America, soprattutto in quella degli anni '50, un uomo non poteva andare in giro impunemente vestito di lamè e di pailettes. E con la fama arrivarono anche le prime voci e le prime maldicenze sulla sua omosessualità, le insinuazioni della stampa scandalistica, le battute sul suo mammismo, la rottura con il fratello George. Dopo aver celebrato i 25 anni di attività nello showbusiness con uno spettacolo all' Hollywood Bowl nel 1956, Liberace attraversò l'Atlantico alla volta della Gran Bretagna - dove un suo disco si era piazzato fra le 30 canzoni più vendute - per la prima di tre esibizioni per la famiglia reale britannica. Mentre si trovava nel Regno Unito intentò causa, con successo, al 'Daily Mirror', la cui pettegola columnist Cassandra aveva scritto un articolo sulla star, pieno di allusioni sulla sua sessualità. Nel decennio successivo, un cameo nel film satirico "Il caro estinto" ebbe critiche positive, così come un suo album per la Rca diretto più apertamente al mercato contemporaneo. Comunque fu una deviazione solo momentanea perché il suo lavoro mantenne una costante coerenza - 'di vecchio stampo' secondo i suoi detrattori - che si spostava poco dal modello dei suoi successi degli anni '50. Nonostante un grande successo di prenotazioni per un suo tour mondiale, un nuovo articolo scandalistico basato sulle rivelazioni di un suo ex dipendente, gettò un'ombra sulla sua carriera. Liberace si dedicò prevalentemente al giro di concerti strapagati nei lussuosi hotel di Las Vegas, per riemergere negli anni '70 in Tv. La sua immagine era diventata, se possibile, ancora più oltraggiosa, arricchita da una pesantissima giacca di finte pietre preziose, gli immancabili candelabri, una Rolls-Royce bianca, rossa e azzurra, a stelle e strisce, fatta apposta per uno show in occasione del bicentenario dell' indipendenza americana e niente meno che un lussuoso WC a forma di trono nella sua casa di Palm Springs. Varie operazioni di chirurgia plastica ne avevano reso il volto, tirato a lucido e con gli immancabili capelli lucidi (ovviamente tinti), simile a quello di un manichino. Ma i suoi eccessi non erano finiti: il suo acquisto più estremo fu la faccia del suo compagno Scott Thorson. Il quale - secondo quanto racconta in un' autobiografia lo steso Thorson - ebbe la faccia rimodellata da un chirurgo plastico in modo da assomigliare a una versione giovanile di Liberace. Quando il pianista vide la nuova faccia per la prima volta la contemplò soddisfatto. "Che bello - esclamò - è nata una stella!". Il suo modo di presentarsi ha lasciato un segno e ispirato indubbiamente il glam rock e star del calibro di Gary Glitter, Elton John e dei Queen. Ma forse i suoi boccoli lucidi e il volto più volte "stirato" dalla mano del chirurgo si affacciano anche dietro l'immagine di Michael Jackson. Tutto questo contava poco per i suoi fan, soprattutto anziani, che hanno continuato a seguirlo fino alla fine. Quando morì, a 67 anni, il 4 febbraio 1987 nella sua casa di Palm Springs, il decesso fu attribuito ufficialmente ad un disturbo ai reni: ma era solo un eufemismo per una serie di patologie legate all'Aids.

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