Canadesi Living Hour, quintetto con tre voci, basso, chitarra, batteria, trombone dediti ad una morbida popedelia che sconfina in una delicato dream-pop in cui però le chitarre e le melodie giocano a rincorrersi, a volte nascondendosi a vicenda dietro a dei sorprendenti fiati, ma con il sorriso sulle labbra, pronti a ricomparire e a riempirci il cuore, mentre i ritmi non sono mai così lineari come chiederebbe una dolcezza da cartolina. Questa è ancora una cartolina, se vogliamo, ma cangiante e piena di magnifici particolari che non dobbiamo farci sfuggire.
L’album “Softer Faces” prodotto da Kurt Feldman (The Pains of Being Pure at Heart, DIIV, Dum Dum Girls) ha segnato un punto di svolta importante per la band, che si è dimostrata decisamente più matura e attenta a sviluppare il proprio songwriting che ovviamente non ha perso nulla in raffinatezza e magia, ma si rivela più particolareggiato e dettagliato rispetto all’esordio.