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LUCA URBANI

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Impossibile non ricordare Luca Urbani ai tempi dei Soerba di fine anni '90. Ma Luca non è stato solo quello di “I am happy” che, rivoluzionario di per sé, aveva dalla sua parte il fatto di essersi unito al filone Bluvertigo nel portare un genere così poco “nature” verso tormentoni e mainstream. A quei tempi gli si aprono le porte di Festivalbar, Sanremo, il Telegatto, ma senza nulla togliere a Gabriele D'Amora, suo compagno di Soerba, Luca Urbani è qualitativamente più apprezzabile ora, dopo Electro Domestico del 2007, al suo secondo album solistam, Catodico Praticante. Si tratta di ben 14 tracce farcite di introspezione cinica e disincantata, elettroacustica e cantautorato pop. Ma anche di ambient strumentale, importante per dividere le diverse sfaccettature di questo concept album che, guardando all'alienazione tecnologica, coglie distorsioni e conseguenze di quella scatola diabolica che è la tv. E “la tecnologia che avanza inesorabile è raggiungibile, il mio amore che regredisce invece è insopportabile” può essere la frase che ne riassume meglio il senso. Il disco si apre con “Tv accesa” che introduce la prima parte di pesante critica ai personaggi dentro e davanti la tv. Passano così i graffi cupi delle atmosfere dissacranti di “Catodico praticante”, le buone ritmiche nervose di “Pre-potente”, le leggerissime venature rock di “Chissà mai” e la bellissima “Immobile”, in cui però l'accelerazione electro funk finale non fa bene alla grazia costruita dal pianoforte di Matteo Gentili, ad un testo sopraffino e al synth meno invasivo. La seconda parte inizia dopo “Tv pubblicità”: una sorta di sopraffazione della realtà che esplode nella decadenza e nel grigiore delle emozioni. Si trovano qui, infatti, gli scontri elettronici di “Ogni giorno” e il puro pop di “L'illusione di un sogno” dalle melodiche addolcite dal flauto indiano di Stefano Floriello. Ultima parte e ultimo concetto: la dolce e delicata “Tv cambio canale” libera testi che aprono alla più intesa riflessione, pronta a mettere tutto in discussione o a mandare tutti a quel paese (“Meglio”, “La tua ombra”) in cui si distingue meravigliosamente l'ossessione new wave di “Bruciare” e “Sono felice” che, lungi dall'essere anche solo minimamente assimilabile a quella famosa “I'm happy”, sembra essere una reale dichiarazione di intenti anche se magari espressa in toni non proprio effervescenti. A chiudere, giustamente, è “Tv spenta”, più di 17 minuti tra melodie, rumore e silenzio. Alla fine, poi, richiamando la prima traccia c'è uno stralcio di istruzioni all'uso del cinescopio tricromico… Poesia esistenziale alla Bluvertigo e musica che di non elettronico ha veramente poco. Ecco perché chi odia il synth pop è meglio tenga le distanze. Felicità per gli elettrofili che, al contrario, potranno ritenersi soddisfatti dall'ultima fatica del sig. Urbani che produce un lavoro meno compiacente e, se vogliamo, leggero del precedente, ma più coinvolgente ed ipnotico. Occhio alle sonorità che si avvicinano a quelle di Archive e La Cruz.www.myspace.com/lucaurbani

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