"Habitat" è un disco che a un primo ascolto risulta statico, come se seguisse dall'inizio alla fine una e una sola strada, senza brusche svolte né improvvise frenate, anche inaspettate che siano. A un secondo e più attento ascolto, invece, le sfumature appostate a ogni angolo iniziano a farsi sentire, più forti e chiare. Ed è così che ci imbattiamo nel pop scintillante che strizza l'occhio a quell'elettronica di Cosmo di "Ego", brano che ora ci culla e ora ci spinge a muoversi a tempo, o negli spigoli sonori dalle forme geometriche acuminate di "Ritratti di un domani", o ancora nelle pennellate concentriche e tese di "Gru", pezzo che ricorda le ultime evoluzioni dei Coldplay. Talvolta i Mai Personal Mood rallentano la loro falcata, come succede con "Ogni tramonto", che si fa eterea e delicata prima di tornare su passi decisi e veloci, o con "Grafite", avvolgente come una marea che cresce improvvisamente, così come improvvisa è l'entrata in scena di "Le altre stagioni", accompagnata da una chitarra acustica, o "Le nostre stagioni", mentre più estrosa e eclettica è "Lontano da qui".
Le architetture sonore così affollate e ricche del disco distolgono però molto spesso l'attenzione dalla sfera testuale, aspetto che dovrebbe invece acquisire maggiore importanza all'interno del disco. Meglio bilanciare e calibrare un po' il tiro per il futuro, senza però snaturarsi troppo, ché un disco così, oscillante fra il pop più fresco e l'elettronica più ruvida, è una bella sorpresa che speriamo ci sorprenda non una volta soltanto.