Ogni volta che siamo andati a fare le prove nel parcheggio in cui suonavamo al piano -5, all’entrata compariva la scritta BUONA SOSTA con uno stupendo smile che ci faceva l’occhiolino. A forza di vederlo mi sono convinto che forse quello stupido messaggio di benvenuto cercava di dirmi qualcosa, che per un anno e mezzo mi sono chiesto che cosa resta di quello che viviamo. Non che non me lo sia mai chiesto, è una domanda che accompagna ogni cosa che faccio, sta alla base di tutto, perché purtroppo non riesco a vivere a caso, a fare le cose senza che ci sia un senso per me, un qualcosa che me lo faccia fare e che non sia guidato solo dal caso. È stato un anno e mezzo di morti fisiche e metaforiche, ritorni e partenze continue, colpi da subire e abbracci da dare o non dare mai più, chissà per quanto tempo. Perché le cose cambiano e continueranno a cambiare, ma c’è di fondo qualcosa che posso fermare? Non ho fatto la pace con qualcosa, sono sempre in guerra con me stesso, questa cosa è inaccettabile e niente andrà mai secondo le tue aspettative.