MANISHEVITZ/Rollover Secondo capitolo lungo per gli sutunitensi Manishevitz che rientrano sulla scia del successo conseguito lo scorso anno grazie al debut album '99 "Grammar Bell And The Fall Down". Trattasi di un combo di Chicago guidato da Adam Busch, sorta di menestrello metropolitano assai vicino alla scuola folk-pop di bands quali Love, Modern Lovers e Robert Wyatt. Per "Rollover" hanno raccolto dieci nuove canzoni realizzate con grande dovizia tecnica ed un approccio intellettuale fra il serio e il faceto, come tanti atti di un melodramma che racconta storie di vita vissuta calandole talora fra accenti ironici e giocosi, proprio come un Jonathan Richman colto nella sua vena più scanzonata, talaltra in una dimensione malata di visioni malinconiche e lunari che riecheggiano la cifra poetica di un Syd Barrett/Nick Drake. "Rollover" è uno di quei dischi che piacciono e convincono al primo ascolto, non privo di una certa varietà negli arrangiamenti e nelle belle parti strumentali che introducono via via copiosi interventi per archi, ottoni, cello, flauto, pianoforte e chitarre, una ricchezza di fattori cromatici che contribuisce decisivamente al buon esito della prova, impossibile negarlo.