Di album in album diventa sempre più difficile parlare di Marco Sanchioni in termini lirici e musicali. Specie in un paese come il nostro, da almeno quarant’anni immerso in un contesto come quello attuale avversato da polemiche, discussioni (post) ideologiche e denigrazioni preventive, dove anche la scena alternativa sembra riflettere in piccolo i pochi pregi e i molti difetti del sistema-nazione, o come cavolo va di moda chiamarlo oggi. In ogni caso noi ci proveremo. Marco è, nel bene e nel male, un cantautore italiano tra i più emblematici degli ultimi anni. Da un lato è riuscito a cogliere come pochi le contraddizioni della precarietà esistenziale che ci circonda, restituendo, attraverso una chiave poetica ora intimista ora surreale, dai forti connotati sociali, un efficace affresco degli ultimi quindici anni di pandemica recessione. Il suo è una sorta esistenzialismo onirico, macerie collettive, miserie personali, ma anche una rabbia che si accumula per sgretolarsi in uno scenario, appunto, da “Dolce Grido Sul Mondo”. Le sue liriche si snodano attraverso una suggestiva cascata di associazioni che generano un cortocircuito semantico pescando parole da un linguaggio sempre meno autoreferenziale e ossidato dal comune senso mediatico. Dall’altro ha contribuito, già con il precedente cd "Dieci anni dopo", a codificare una formula sonora che i soliti amanti delle definizioni hanno ribattezzato “nuovo cantautorato italiano”, ossia uno stile che mescola e sintetizza in dosi differenti i cantautori più borderline con un rock grunge-punk, mantenendo un occhio per ballate semi acustiche ed avventure pop. Ora a due anni di distanza dal precedente CD, Marco Sanchioni torna con il suo terzo lavoro “Dolcemente Gridando Sul Mondo”, il disco più vario e diversificato nelle influenze e anche quello più modellato nella produzione e meglio arrangiato. Il taglio melodico di buona parte delle canzoni, a volte segnato da chitarre abrasive mescolate a liriche e melodie di stampo “gucciniano” (“Canzone per me”), si addice sempre meglio all’intonazione straordinaria di Marco, con citazioni sia testuali che musicali generano una sorta di effetto fortemente emotivo, mentre la cura dei suoni e le soluzioni strumentali più ricercate sollevano l’andatura dei brani. Un ottimo album che segna la fine di questo altalenante (musicalmente parlando) 2014. Francesco Battisti