Marcus Strickland, da Miami, è uno dei cinque musicisti – gli altri erano Nicholas Payton, Gary Bartz, Orrin Evans e Ben Wolfe – che il 5 gennaio 2012 si riunirono al Birdland di New York per sancire la nascita del movimento BAM (Black American Music). BAM è la proposta, avanzata da questi personaggi, di racchiudere tutta la musica nera (jazz compreso), in un unico termine. Sono passati cinque anni, da allora, e l’idea ha dato vita a polemiche non ancora completamente sopite, creando una frattura tra coloro (bianchi e neri) che la ritengono una questione meramente terminologica, del tutto priva di spessore intellettuale, e coloro (bianchi e neri) che invece considerano BAM un movimento animato da un senso di appartenenza ad un ambito culturale e sociale molto elevato. Nessun razzismo al contrario, insomma, ma la semplice esigenza di rafforzare l’identità della musica nera oggi sempre più dispersa in becere operazioni commerciali.
Marcus Strickland suona i sassofoni in Si bemolle (sax tenore e soprano) con un fraseggio in cui ritmo e melodia si sposano quasi alla perfezione. È stato al fianco di Dave Douglas e Jeff «Tain» Watts, ha suonato con la Mingus Big Band, con il rapper Mos Def, con Lonnie Plaxico e Will Calhoun. Ma la collaborazione che più da lustro al suo curriculum è la militanza nel gruppo del leggendario batterista Roy Haynes. È figlio della buona borghesia nera (suo padre è un avvocato con un passato da batterista jazz e r&b) e suo fratello gemello, Enoch Jamal (E.J.), è uno dei batteristi più grintosi della scena newyorkese. Marcus è una delle punte di diamante del vivaio della Revive, una piccola etichetta molto attiva nella promozione della musica nera moderna, che nell’ultimo periodo si è consociata con la Blue Note e di cui abbiamo parlato in maniera più approfondita mesi fa su queste pagine.