"FROOT" FROOT è il primo album dopo la “tragica fine” dell’alter ego di Marina, Electra Heart, a metà del 2013. Con esso Marina ha voluto fare una vera e propria dichiarazione di intenti. E’ una rinascita catartica in tutti i sensi, Marina prende le distanze dalla cifra stilistica e dai temi dell’ultimo album per ritornare alle origini ed iniziare un nuovo capitolo della sua vita professionale e personale. “In ogni storia ci deve essere un inizio ed una fine”, dice Marina sussurrando, come se stesse rivelando un’informazione segretissima. “E si deve farlo pubblicamente. Ti immagini se l’avessi fatta semplicemente scomparire senza dire niente a nessuno?” C’è un misto di sollievo e di infantile aspettativa nella sua voce, mentre racconta della sua disintossicazione psicologica: “Non mi rimetterei quella parrucca nemmeno fra un milione di anni…l’ho già fatto una volta, basta. A volte mi manca, è vero, è stato molto divertente…”, un battito, un velocissimo guizzo dello sguardo e poi un avvertimento eccitato “….ma sai cosa? Non credo che potrei rifarlo ancora.” Con “Electra Heart” Marina è entrata nelle classifiche di mezzo mondo – compreso quelle americane e raggiungendo l’ambito top spot in Inghilterra. Le vendite del primo album, The Family Jewels, non sono state male, ma niente paragonate al monumentale impatto che il secondo “Electra Heart” ha avuto sul mondo. Un album con un concept complesso ed intrigato sulla femminilità, l’amore, la giovinezza e la società – Marina ha cercato di districare una rete di idee ed emozioni complicate utilizzando gli strumenti messi a sua disposizione dal mondo del pop iper-stiloso e dai maghi dell’elettronica. Il lavoro con produttori di talento quali Liam Howe e Dr.Luke, ha permesso a Marina di scolpire un’antologia di canzoni che insieme riescono a forgiare una strada ben delineata verso il mondo della musica da classifica. Marina ha portato con sé quell’impronta stilistica “indie” che ha contraddistinto il suo primo lavoro, tingendo ogni nuova canzone con una sfumatura diversa – brani come “Radioactive” e “How to be a heartbreaker” si possono considerare esperimenti per la ricerca di un puro suono dance, ciononostante Marina li ha caricati del suo indiscusso idiosincratico sarcasmo, del suo rigenerante sguardo cinico sulla vita e dei suoi look sempre innovativi. La breve vita di Electra Heart è stata circondata da una nebbiolina di lavanda e lillà, da tanti glitter e dal fruscio di sete cangianti; i personaggi – il Rovinafamiglie, Su-Barbie-a, Teen Idles e Stars&Queens – erano raffigurati con parrucche scolorite, abiti kitsch anni ’50 e una marea di ciondoli di ogni tipo dei bei tempi andati americani. Ma fingere di essere una persona completamente differente per un periodo di tempo abbastanza lungo ha lasciato i suoi segni – creativamente, Marina non ha più desiderio di replicare quell’esperienza. “Non appena l’album e “Primadonna” furono pubblicati – ed io inghiottita dal vortice della promozione – avevo già in mente come sarebbe stato il mio terzo album. Già sapevo che sarebbe stato completamente diverso”, racconta. “Ero ovviamente molto grata alle opportunità e alle esperienze che ELECTRA HEART mi ha permesso di fare e di sfruttare, ma non lo rifarò mai più. Era troppo presto, adesso l’ho capito”. Il seguito era quindi destinato ad essere diverso. Ironicamente, è ciò che Marina ci ha abituato ad aspettarci da lei: l’inaspettato. Marina ha iniziato a far conoscere FROOT il giorno del suo 29° compleanno (10/10/2014). FROOT è il risultato di un cambiamento radicale e la consapevolezza di esso. Procedendo in avanti a grandi balzi, Marina si lancia in brani ballabili, in melodie sognanti ed un’effervescenza mai vista prima. Fondamentalmente, il tema è ben lungi da quello di “The Family Jewels” o di “Electra Heart”. Sottolinea che 'felicità' non è la parola giusta, ma piuttosto uno stato esistenziale di contentezza. Di benessere. Di onestà. E finalmente, si sente a proprio agio nella sua pelle. "E' stato quasi come se avessi portato un fardello per tutta la vita e poi all'improvviso me ne sono liberata...", dice. «Non riesco nemmeno a descrivere quanto sia bello... improvvisamente ti rendi conto perché le persone sono felici e perché si godono la vita. Credo che pensassi che essere depressa faceva parte della mia personalità, o che ero nata così. E’ abbastanza scioccante rendersi conto che forse mi stavo sbagliando ...” Riflette, come se stesse cogliendo un pensiero al volo. "Forse ero solo pronta a cambiare. Forse ero pronta a lasciare andare un sacco di cose a cui ero aggrappata fino ad allora. Non so se ciò accade ad altre persone quando arrivano ad una certa età o se questi problemi non li hanno nemmeno mai avuti. Forse non è molto comune, ma so che era importante per il mio futuro." Insieme a questo nuovo atteggiamento mentale, FROOT dimostra anche come Marina abbia ripreso il controllo della sua vita in modo appassionato. Mentre Electra Heart le ha fatto conoscere tutta la gamma del pop attraverso i tanti produttori che avevano collaborato all’album, allo stesso tempo sapeva che non avrebbe voluto ripetere quel tipo di esperienza. "In passato, perché giovane e bisognosa di approvazioni, ho dato molto retta ai consigli degli altri, forse anche quando non avrei dovuto. Per questo in FROOT ho voluto creare tutto io. Penso che una delle più grandi sfide sia stata esprimere, per una volta, ciò che volevo fare. Chiunque tu sia come artista, devi sapere chi sei in modo che da fare ciò che vuoi veramente creare ... in modo che nessuna ti debba dire quale sia la tua identità." Più che mai, questo album è qualcosa che riflette appieno Marina. Ha lavorato con un elenco molto limitato di musicisti/produttori - David Kosten, Everything Everything e Jason Cooper dei Cure - ma a parte questo, si tratta di una creatura multiforme nata dalla sola mente di Marina. Non ci sono abbellimenti, tutto è scritto di propria mano - una prospettiva davvero unica in un mondo di riempi-pista fatti con lo stampino e di brani indimenticabili composti da ghost-writer. Il nuovo mondo di Marina è fatto dalle tribolazioni esistenziali di "Immortal", dall’implacabile funkitudine di "Better Than That" (sicuramente un futuro successo), dall'arguta e controversa "Happy", dal ritmo screziato di anni '70 di "I’m a ruin". Mentre fatica ancora un po’ durante la sua solitaria marcia in avanti, Marina si dimostra un’artista in costante metamorfosi con capacità quasi soprannaturali, annuendo alle sue origini fai-da-te e alla fragile, tenera emozione delle prime tracce dell'album come "Obsession" o "Are you satisfied?". Dovendo riassumere FROOT in maniera sintetica, Marina dice che "non si tratta di essere pop o no, elettronico o no, è più un lasciarsi guidare dalle emozioni della musica e sapere che ci sono dei veri musicisti a suonarlo ... credo che sia una cosa che ho cercato di rendere da tantissimo tempo." E' un disco spaventosamente intimo e retrospettivo, con Marina che seziona le proprie debolezze e le insidie e il suo senso di colpa e il rimpianto, ma è anche l’ottimismo incondizionato di Marina che sopravvive nonostante tutto. Sa come andare avanti, ora può chiudere il libro e guardare al futuro. E facendo ciò scopre ulteriori elementi di se stessa, canalizzando nuovi e più forti ideali e sviluppando una passione per l'ignoto. FROOT non è solo un album di canzoni pop (anche se non si può escluderlo del tutto), è la cronaca di un gigantesco tumulto, di una crescita probabilmente non senza traumi in cui Marina esce un po' malconcia, ma alla fine rinvigorita e pronta ad urlare al mondo intero la sua nuova identità. "Di solito pianificavo tutto, ma adesso non progetto più niente", dice con una risata un po' nervosa. "Sono felice di lasciare che tutto accada spontaneamente." www.marinaandthediamonds.com/ https://www.facebook.com/marinaandthediamonds https://twitter.com/marinasdiamonds