Marissa Nadler tesse storie reali incrociandole con il suo mondo onirico da horror psichedelico e il risultato, massimamente esplicito in If I could breath underwater, è il continuo rincorrersi tra voce-piano-chitarra, con i primi due che fusi spesso in un corpus elegiaco e la terza a fare fronte a sé, impetuosa e raccolta allo stesso tempo. Procedendo nell’ascolto, si assiste ad una smaterializzazione progressiva: Elegy, Turned into air, Lemon queen sono pura sostanza sublimata in materiale intangibile. Se il mondo che viviamo restituisce solo incertezza, allora si può essere riconoscibili anche svanendo tra le nuvole e senza fornire appigli certi, in primis a se stessi. Darker, come Leonard Cohen.