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MARTINA TOPLEY BIRD

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l movimento trip-hop bristoliano, dopo qualche anno di appannamento, ha trovato in questo 2008 nuova linfa. Prima la quarta opera di Alison Goldfrapp, poi il ritorno sulle scene dei Portishead con "Third" e di Tricky col suo “Knowle West Boy”. Ora, Martina Topley-Bird già moglie di Adrian Taws. 
Ai più, pensando a Martina, verranno in mente le suadenti voci che coloravano i precedenti dischi di uno dei pionieri del trip-hop. Pochi però sanno come la giovane ragazza nera, con questo “The Blue God”, sia giunta alla seconda prova, seguito del buon debutto “Quixotic”, targato 2003. Il fatto che sia tutto meno che una novellina lo dimostra il suo curriculum. Oltre infatti ad aver a lungo collaborato con l'ex marito, Martina Topley-Bird viene segnalata anche per collaborazioni con Gorillaz, Primus, David Holmes, Queens Of The Stone Age e Roots Manuva.

Il 2008 segna anche per lei l'anno del ritorno. Superando talune asprezze dell'album di debutto, l'artista inglese confeziona un lavoro estremamente ben curato, ottimamente arrangiato e decisamente di spessore. Frutto di tre mesi di registrazione a Los Angels, e della prestigiosa collaborazione di Danger Mouse, l'altra metà dei Gnarls Barkley, il risultato è un disco che coniuga un'attitudine alle melodie dolci e sinuose, come nella miglior tradizione trip-hop, con lievi accenni psichedelici e con un piglio decisamente noir.

L'album, composto da dodici tracce per una durata di una quarantina scarsa di minuti, si apre con “Phoenix”, brano dalla tribolata realizzazione: indolente andamento, base ritmica solida eppure dolcissima e la voce fatata che si insinua tra le pieghe elettroniche. “Carnies”, primo singolo estratto, ricalca in tre minuti le note di un pop decisamente sixties, tra tastiere in odor di psichedelia, sintetizzatori e pianoforte. Il canto, seducente e ammaliante come pochi, disegna archi di infinita tensione negli spasmi electro-soul di “April Grove”. Il cadenzato avanzare del ritmo di “Something To Say”, sorretto da tastierine old-school e archi, riporta alla memoria le limpide melodie dei maestri del pop: da Bacharach a Patrick Wolf. E se il noir di “Baby Blue”, nella sua breve durata, colpisce dritto al cuore, le ammalianti note di “Valentine” riportano a romantiche atmosfere sixties. 

Se finora si è assistito a brani piuttosto canonici, eppure immersi in una bellezza d'antan, ecco che con “Poison” si consuma un deciso stacco: un ideale punto di contatto tra soul di vecchia data e pop. E se “Razor Tongue” pare un puro, magari anche banale, divertissement, “Yesterday”, sin dalle prime note, si dipana tra rigurgiti trip-hop e violenti spasmi electro. 

Il secondo album della giovane musa di Bristol catturerà definitivamente il cuore di coloro i quali erano rimasti già colpiti dall'opera prima. Non inventando certamente nulla di nuovo, ma con la capacità di assimilare influenze diverse, dal pop barocco al trip-hop, dalla psichedelia a certe brume dark, Martina Topley-Bird ha consegnato alle stampe un album a tinte noir godibilissimo. www.martinatopleybird.com www.myspace.com/martinatopleybird

MARTINA TOPLEY BIRD è presentato in Italia da SOULOVE RECORDS

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