C’è un nome in particolare che è ormai emerso nella nuova scena degli arrangiatori e compositori per grandi orchestre, ed è quello di Mats Holmquist. Svedese di origine, Mats ha studiato a Stoccolma e in Texas prima di evidenziare un talento esplosivo, che coniuga tradizione e modernità ad ampio raggio attraverso un’ottica innovativa, tanto da essere trasportata in un libro “The General Method”, pubblicato nel 2013 da Jamey Abersold Inc. negli Stati Uniti. In questo “metodo” Mats individua 350 termini creati per una più profonda comprensione delle “leggi” della musica afroamericana. E grazie a questi sta portando in tutto il mondo, attraverso seminari e concerti, il suo nuovo approccio alla musica. Con lui le barriere cadono naturalmente; Mats ha infatti composto anche per orchestre sinfoniche, quartetti d’archi, ha creato una fusione fra big band e il minimalismo legato ad autori come Steve Reich e John Adams, ed ha collaborato con il famoso gruppo pop svedese Roxette. Ma è nel jazz, soprattutto nelle big band, che l’arrangiatore dà il meglio di sé, soprattutto quando si mette al servizio di un solista superiore, come nel caso di Dave Liebman in un magnifico tributo a Wayne Shorter, di Dick Oatts in un omaggio a Herbie Hancock, e di Randy Brecker nel recentissimo “Together”, accanto alla UMO Jazz Orchestra (tutti su etichetta Mama Records).