Boxers è un album animoso e travolgente come le scosse di distorsioni che, nella traccia omonima, lo inaugurano, tanto secco e brutalmente rigoroso, nel suo continuo intercalare strofe brucianti e ritornelli essenziali e concisi (nonché quasi tutti urlati quasi non ci fosse un domani), da riportare chi lo ascolta al romanticismo disarmante di Johnny Thunders, al lirico sferragliare del Bruce Springsteen targato 1978, alla sporcizia eversiva e struggente dei Replacements di Paul Westerberg. Questi ultimi, poi, sono il riferimento più evidente di una Suffer No More in cui si rimescolano dolcezza pop e irruenza punk, e se altrove capita di imbattersi in tracce debitrici dell’indie-rock ambizioso, notturno e dark dei National (succede in God’s Not Here Tonight e This One’s For You Frankie), il maggior pregio di Boxers è proprio quello di manifestare il rinnovato compimento dello stile inconfondibile del titolare, immediatamente riconoscibile fin dalle prime, esplosive note di un’armonica ruvida in The First Heartbreak, fin dai primi rintocchi del malinconico pop-rock elettroacustico di We Are Libertines, fin dai primi arpeggi della sofferta e scheletrica Until Kingdom www.matthewryanonline.com