Ispirato da Eddie Van Halen e dalle melodie tradizionali Tuareg, Mdou Moctar è cresciuto ad Agadez, in Niger, imparando a suonare la chitarra che lui stesso aveva costruito. Carismatico nato, dopo un iniziale successo, ha conosciuto fama internazionale producendo e recitando nel primo film in lingua tuareg: un remake del classico di Prince, “Purple Rain”. Dopo molti anni di gavetta, ora finalmente lo stardom planetario. Grazie soprattutto all’ultimo lavoro, “Afrique Victime”: capolavoro di psichedelia rock e desert blues, finito nella lista dei best album 2021 della grande stampa internazionale, dal Guardian a Pitchfork, passando per Economist e Wire. «È un enorme piacere e un onore – spiega Alessandro Mazzone di Forevergreen, direttore di Electropark – che Mdou Moctar abbia scelto Genova ed Electropark per il suo ritorno in Italia. È un artista incandescente con una sensibilità unica, in grado di contaminare l’energia del rock con melodie psichedeliche e testi dai messaggi chiari che, come festival, cerchiamo di condividere e diffondere da più di dieci anni».
Le meditazioni poetiche su amore, religione, diritti delle donne, disuguaglianza e lo sfruttamento dell'Africa occidentale sono infatti protagoniste del nuovo album “Afrique Victime”. Il disco è nato dagli sforzi congiunti di Mdou Moctar e dei membri della band che condividono il suo nome: il chitarrista Ahmoudou Madassane, al suo fianco dal 2008, anche mentore della prima band di chitarre Tuareg al femminile “Les Filles De Illighadad”; il giovane batterista Souleymane Ibrahim; e il bassista Mikey Coltun, americano di Brooklyn, per la band anche road manager, produttore e ingegnere del suono. Un album ricco di colori e sfumature desertiche, che per la prima volta include molte chitarre acustiche e un dolce feeling crepuscolare.
«Voglio far conoscere al mondo che stiamo facendo musica per promuovere la pace nel mondo e per essere tutti allo stesso livello, combattendo contro il razzismo – racconta Mdou Moctar –. Tutti i colori e i generi sono uguali. Donne, uomini e bambini: tutti soffrono nel deserto a causa della colonizzazione della Francia e, quindi, oggi mancano cose fondamentali come ospedali, acqua potabile e scuole». Le esigenze di Agadez, città natale di Mdou Moctar, sono una parte importante di ciò che lo guida come artista e promuovere i giovani della regione, attraverso la musica, è soprattutto una causa personale. «So cosa significa esser stati in quella posizione – prosegue Mdou Moctar – e ricevo molto supporto dalle generazioni più giovani proprio perché li aiuto parecchio. Quando torno da un tour, regalo a loro l’attrezzatura che ho comprato stando via, in modo che possano formare più facilmente le proprie band».
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