In passato, i media più abitudinari potevano esser felici di catalogare la musica di Melanie De Biasio nel reparto jazz ma con Lilies la cantante mette tutti alla prova, sconfiggendo abilmente le regolamentari classificazioni, come ha confessato parlando del nuovo disco, «Capisco che la gente abbia bisogno di riferimenti, ma personalmente ho l’impressione di non restar ferma a un genere particolare. Quando inizio una registrazione non so mai dove andrò a finire. Lavoro con istinto, senza una mappa o una bussola».
Sempre alla ricerca di altri suoni, altre sfere sonore, la De Biasio, armata di una voce sensuale e poco altro, si ispira qui a Mark Hollis dei Talk Talk e a Nina Simone carezzando ruvidamente una luce in fondo all’abisso: l’irrequietezza ansimante della splendida Gold Junkies si immerge per lidi trip hop prima di offrire un giro psichedelico, fantasmi blues e jazz. C’è un fil rouge che lega questo brano quasi lynchiano al lavoro, o gioco molto lungo, che dir si voglia, fatto con Blackned Cities, pronto però a segnare un passaggio, una muta languida rispetto al passato. Vi è una frenesia pulsante nelle percussioni veloci, nella melodia che scorre lungo i tre minuti e diciannove secondi del brano.