Pezzi azzeccati ce ne sono (“Wild Motion”, “Stranger”), mentre i riempitivi strumentali potevano comodamente essere tolti assieme a qualche brano di troppo, tanto più che, a livello strutturale, i Miami Horror confermano di avere bisogno dell’intero pacchetto pop (strofa, bridge, ritornello, tutti con le dovute ripetizioni) per mostrarsi in tutta la propria gloria. Ne esce un disco lambiccato al massimo e piuttosto fighetto, tra paesaggi di L.A. baciati dal sole e Bee Gees ripescati senza ironia (“Another Rise, Another Fall”). Spezzato in due, “All Possible Futures” si fa ascoltare, anche se la seconda metà non regge assolutamente il paragone con la prima. E certamente in pista ha l’aria di funzionare, almeno a tratti. Però al molto mestiere, stavolta, sembrano combinarsi poca originalità e poco cuore.