Tra i gruppi venuti fuori dall’età d’oro del gothic metal, e dalle mani d’oro di Waldemar Sorychta, forse i Moonspell erano quelli più rappresentativi. Non nel senso strettamente stilistico, ma più che altro perché Irreligious è davvero la prima cosa che viene in mente sia pensando a quel periodo sia pensando alla definizione stessa di gothic metal. A differenza di praticamente tutti gli altri protagonisti di quella scena, i Moonspell non erano finiti a fare questo genere dopo aver fatto altro: Wolfheart, il debutto, seppur tradisse un vago retroterra black, virava comunque decisamente verso il gothic: Vampiria, An Erotic Alchemy, le menate su De Sade, le orchestrazioni insistite della tripletta iniziale, il timbro eldritchiano di Ribeiro, eccetera. Ciò che era veramente black di Wolfheart era il rapporto strettissimo tra musica e Portogallo, un modo di intendere e rappresentare la parte più arcana e primitiva del proprio spirito di popolo, senza renderlo macchietta, ma celebrandolo e rivitalizzandolo. Una cosa che li avvicinava molto ai Rotting Christ, che pure di lì a poco sarebbero passati dalle parti di Sorychta con tutte le conseguenze del caso.