A. NEUMANN & A. KREBS/Rotophormen "Sono un clown e faccio raccolta di attimi" (da "Opinioni di un clown" di Heinrich Boll). Al pari del personaggio di Boll i protagonisti della musica improvvisata sembrano oggi voler dare più importanza all'attimo che all'eternità, a differenza dell'Archie Shepp di Rufus - che correva per sfuggire al linciaggio - non hanno storie da raccontare ma solo istanti da gustare prima che lo scorrere bastardo del tempo li abbia portati via. E non hanno neppure sentimenti da esprimere alla maniera del John Coltrane di "A Love Supreme" ma lasciano che sia il suono a esprimere la propria essenza e le proprie fobie. Andrea Neumann e Annette Krebs interpretano perfettamente la contemporaneità donando la vita ai loro strumenti, donandogli un cuore, una voce, un respiro... e un'anima. In questo sembra esserci qualcosa di veramente rilevante, gli strumenti che non vengono usati per dare voce all'anima dello strumentista ma vengono dotati di un'anima propria. Le tastiere e la chitarra borbottano e si lamentano com'è d'uso ad ogni incontro, ma lo fanno esprimendo tutto l'assurdo, il grottesco, l'inutilità e l'insofferenza che ogni incontro racchiude, come d'altronde la vita stessa. Soff e sbuffi che sembrano voler annullare qualsiasi certezza, a partire da quella che riguarda l'identità degli strumenti stessi. Anche se in fondo una certezza rimane, quella che riconosce nella musica della coppia una discendenza dal genio di Radu Malfatti, discendenza che può essere affermata anche senza effettuare l'esame dei cromosomi. Strumenti che vivono, piangono e sputano sangue, questo ha tutta l'aria di essere il blues del nuovo millennio, la musica di una generazione che dopo un interminabile passato vissuto in schiavitù conosce finalmente il sapone amaro della libertà. Una libertà virtuale, logicamente, che però non viene sfruttata per raccontarci un'ennesima volta quello che dobbiamo o non dobbiamo fare.