mati o odiati, divinizzati o snobbati, i Nickelback continuano ad essere la realtà hard rock (di derivazione) del nuovo millennio. Tanto che neppure un disco mediocre (poi in parte rivalutato) come il precedente Here & Now è stato in grado di intaccare di un niente la loro continua ascesa. Oggi ci prova, a frenare il loro cammino intendo, No Fixed Address, album uscito da poco per la label Republic Records. Un nuovo episodio in calo che, dopo i lontani fasti di Dark Horse, ormai spegne le speranze dei rocker su questa band, dedita ormai al 100% alla commercialità. L’unico vero pregio di questo prodotto è la sua varietà compositiva, un aspetto quasi inedito per un gruppo che ha da sempre vissuto sopra quelle strutture, quelle basi, e quei precisi suoni. La diversità viene però oggi sfruttata da Kroeger e soci nel modo sbagliato, portando a un insieme di tracce sconnesse l’une dalle altre, e pronte ad abbracciare troppi (davvero troppi) generi e sonorità. Resta sempre superlativa la produzione, come efficienti le ballate e i (pochi) momenti hard rock, che riportano in luce le qualità tecniche da fuoriclasse di questi musicisti. Tutto il resto però pecca di banalità, di leggerezza, di poca sostanza, e solo un pugno di tracce si salvano dal crollo generale. Che poi, sia chiaro, visto nell’ottica del ragazzino fan di MTV questo No Fixed Address deve pure sembrare una gran figata, ma per chi ha un po’ di bagaglio conoscitivo alle spalle, beh, per lui lo sbadiglio è davvero assicurato.. Million Miles an Hour è una opener tipicamente in stile Nickelback, potente, bombastica, aggressiva, già sentita mille e più volte in un album di questi musicisti, ma tutto sommato in qualche modo buona. E il singolo e video Edge of a Revolution soggettivamente piace, specie nella sua parte corale nella quale si scatenano i bambini. Nulla di trascendentale, ma la grinta di Chad fa venire un po’ a tutti la voglia di urlare, no? Dai, fino a qui possiamo riternerci soddisfatti. Come un fulmine a ciel sereno arriva però il secondo singolo del disco, What Are You Waiting For?, un pezzo scritto su una base e su suoni dance senza capo ne coda. Boh, non ho capito la scelta di lavorare a una canzone così da parte di un gruppo già di per se commerciale. Molto meglio allora She Keeps Me Up, un altro brano atipico e dannatamente pop, caliente direbbero i latini, ma almeno non scontato, e con un bel ritmo a supporto. E se Make Me Believe Again ricade nell’errore di apparire insipida e perfetta per uno skip immediato, ecco la vera hit del disco, la ballad Satellite: la tipica canzone dolce e melodica dei Nickelback, che diventerà tra qualche mese singolo. Scommettiamo?