Per qualcuno il blues è stato un punto di partenza, per qualcun altro un punto di riferimento stabile. Ma c’è anche chi dal blues “duro e puro” non vuole proprio staccarsi. Mi sembra sia il caso di questi Night Horse, band losangelina, neonata ma già vecchia. I suoi membri vengono tutti dal blues rock e non mostrano alcuna intenzione di mollare la presa. L’ortodossia non ha limiti e i paragoni scomodi (e piuttosto datati) si sprecano: i Led Zeppelin più vicini all’hard rock, i Black Sabbath più anonimi, l’Alice Cooper meno heavy sono tutti lì, mescolati nel nome della “purezza” rockettara più oltranzista. Ma rassegnamoci, perché non sono né i primi né saranno gli ultimi cloni di una generazione di rocker ormai giunta alla meritata pensione. Per avere un idea di ciò che può offrire quest’album, basta dare un’occhiata alla copertina: una foto con al centro un teschio tra due candele e dietro l’immagine di un nativo americano (quelli che erroneamente vengono chiamati indiani, per intenderci). Dietro questa iconografia americanissima e un po’ volgaruccia (se non addirittura ridicola), si nascondono sei brani scontatissimi, anche se sinceri e in alcuni casi addirittura vivi ed energici. La voce di Sam James Velde richiama il tono semiserio dell’omonima band del Glenn Danzig post-Misfits e potrebbe anche risultare interessante se non fosse sostenuta da anonimi riffettoni e parti di basso e batteria essenziali, come vuole la tradizione heavy rock. Nota di merito: la durata. Mezz’ora di heavy blues suonato bene non la si nega a nessuno. www.myspace.com/nighthorsemusic