L’approccio di Noise of Trouble tanto alla scrittura che all’improvvisazione è essenzialmente non dialettico. Non viene mai cercata la composizione delle differenti matrici culturali dei suoi componenti, spesso radicalmente in contrasto, in una sintesi stilistica unitaria.
Questa risulterebbe necessariamente falsificante (come d’altronde ogni sintesi in ambito culturale sociale e politico), e come tutte le costruzioni ideali si trasformerebbe rapidamente in un guscio vuoto. Piuttosto le diverse anime (e sono molte) di cui ognuno dei musicisti è portatore, stanno una di fronte alle altre a testa alta, si abbracciano e si guardano in cagnesco, si annusano con diffidenza e interesse, si amano e si fanno la guerra allo stesso tempo, come accade in ogni istante tra le cose che abitano l’infinita complessità del mondo. Attenzione però!! Non si tratta affatto di mettere in scena una rappresentazione teatrale della realtà.
La musica, provenendo a differenza delle altre forme d’arte direttamente dalla biologia, consente di accedere direttamente alla nostra natura animale più profonda, al tronco saldo che ci unisce alla madre terra. Sul palco i cuori sono caldi e la realtà non è rappresentata ma creata, è la vita stessa che cerca il suo punto più alto nel momento stesso in cui viene alla luce.
Naturalmente questo approccio non dà in se stesso, per il solo fatto cioè di essere tentato, garanzia di riuscita, sarebbe troppo comodo. Diventa allora cruciale il problema dello stile e della sintassi, ovvero della proprietà di linguaggio con cui le diverse istanze vengono proposte. E’ proprio questo il luogo dove il gruppo verifica la riuscita o il fallimento di quanto accaduto.
E progetta il nuovo, consapevole che ogni progetto sarà fatto a pezzi dalla sua incarnazione (i figli non sono mai come te li aspetti). E anche questo è un approccio non dialettico. Pasolini, che aveva una concezione dell’arte molto simile, è forse non a caso, uno dei pochi autori amati senza riserve da tutti i componenti di Noise of Trouble .