Immaginate i Pogues in versione "Un tranquillo weekend di paura"; oppure le Seeger Sessions di Bruce Springsteen suonate come un sabba per far risuscitare i morti della Guerra Civile americana. Ecco, questo è il disco degli O'Death (il nome viene da un vecchio spiritual di Ralph Stanley reso popolare nella colonna sonora di Fratello Dove Sei) e per chi ha dimestichezza con certo folk-punk moderno americano, diciamo pure che questa band originaria del Queens (sobborghi della grande Mela) ricorda i primi 16 Horsepower, ma con molta potenza (diremmo violenza) in più. Recatisi ad Austin, un paio di mesi fa, con un disco autoprodotto, gli O'Death hanno fatto bingo firmando con la City Slang che ha ripubblicato loro l'album con una migliore masterizzazione e un paio di brani in più. Il primo pezzo, Down to Rest, è emblematico: una voce leader sguaiata e impertinente; un coro possente alle sue spalle e poi violini, chitarre acustiche, banjo, trombone, grancassa, fisarmonica a costruire vecchie armonie perse negli incubi di Harry Smith e della sua "repubblica invisibile". Il disco viaggia tutto a queste latitudini, con brani impazziti che accelerano e rallentano, ma non pensiate che questi ragazzi siano degli sprovveduti: sanno suonare benissimo e possiamo solo immaginare la devastante potenza di un loro concerto. Allie Mae Reynolds ad esempio è una classica giga di matrice irlandese suonata ad una velocità impossibile; the Crab Apple Switch è una irresistibile ballata folk che comincia delicata ed esplode con tensione; Jesus Look Down è una lugubre litania di stampo spiritual sorretta da un estenuante lungo solo di violino, concludendo il viaggio con il rumore di bicchieri, bottiglie, un banjo e una voce che sembra registrata nella stanza accanto, mentre il resto del gruppo è seduto sotto il portico di una cadente abitazione, tra le Catskill Mountain e il ponte di Brooklyn. Un immaginario semplicemente impossibile, ma che gli O'Death riescono a far sembrare credibile. www.odeath.net www.myspace.com/odeath