L’ostinata purezza dello sporco interiore, ovvero gli Old Man Gloom. “Seminar VIII: Light Of Meaning”, il primo album ad essere annunciato per questo infame 2020, il secondo a vedere la luce, sempre che di luce si possa parlare: difficile, abissale, intenso, ostile come non mai. Turner, Newton, Brodsky e Montano evocano ancora una volta il nome di Scofield in un cerchio magico di magnifica pesantezza, una scure che colpisce al volto. Il passato è un altare sacrificale, il presente una sottile lama d’acciaio che penetra tra le costole e senza accorgersene ci si ritrova stesi a guardare il nulla.
All’ombra della perdita qualcosa riluce a distanza, uno screzio di rumore che si fa collante della tempesta di “Seminar IX” e da lì si evolve: EMF, Wrath Of The Weary e True Volcano sono nascosti dietro il taglio nella tela del noise, schizzi pollockiani post-core e lenti inabissamenti doom, come se fossero scampoli di qualcosa di più grande. Final Defeat è quel qualcosa, fatto di ipnotici e giganteschi riff, deliri acustici, voci che ora si dibattono e ora si rincorrono fino all’annichilimento finale.