Bruno Perrault - ondes Martenot Matteo Ramon Arevalos – pianoforte - “Uno strumento elettronico che fa dimenticare di esserlo”: così definisce le Ondes Martenot uno dei suoi più significativi interpreti odierni, Bruno Perrault. Come oggi verrà anche praticamente illustrato dallo stesso Perrault, le Ondes Martenot – che prendono il nome dal suo inventore, il violoncellista Maurice Martenot, che lo presentò all’Opéra di Parigi nel 1928 – è uno strumento elettrofono costituito da due generatori ad alta frequenza, un oscillatore, condensatori inseriti in circuito, sette tubi elettrici, un altoparlante e un risonatore. Di fronte ad una terminologia così ‘tecnica’ si potrebbe essere indotti a considerare questo strumento come un generatore di timbri freddi, asettici, poco modulati, caratteristiche che solitamente vengono attribuite, a torto o a ragione, agli strumenti che funzionano ad elettricità. In realtà lo strumento colpisce sempre il pubblico per la sensualità della sua ‘voce’, ché esattamente di voce è possibile parlare per le caratteristiche sue proprie: lo spettro dinamico, usando filtri diversi che agiscono sugli armonici del suono fondamentale, è vastissimo; oltre a glissando e microintervalli, è possibile il vibrato che dipende integralmente dai gesti dell’interprete; le variazioni dell’altezza del suono sono ottenute sia con i tasti della tastiera sia infilando l’indice in un anello attaccato ad un cordino che agisce su un condensatore rotante. Proprio i due diversi modi di suonare presentano possibilità espressive complementari: l’esecuzione sulla tastiera si apparenta al modo di suonare strumentale, quella con l’anello al canto vocale. In ogni caso, non intervenendo alcun elemento automatico, vi è una tale fedeltà nella relazione tra pensiero musicale e risultato sonoro che l’interpretazione assume sempre un carattere di “espressione umana diretta”, come ebbe ad affermare Vincent d’Indy. Un ampliamento dei registri espressivi è senz’altro dato dalla possibilità di impiegare dei diffusori speciali, una sorta di “accessori musicali” esterni che caratterizzano la specifica sonorità delle Ondes Martenot: si tratta degli altoparlanti Espace (da lontano), Palme (vibrazioni per simpatia) e Metallico (a ciascun suono corrisponde la risonanza di un gong). Una ulteriore caratteristica di questo strumento è la sua monodicità. La tastiera ha infatti un ruolo del tutto differente rispetto al pianoforte perché la natura dello strumento non tollera la polifonia: il suono va creato, va estratto nella sua individualità, proprio come potrebbe fare un violinista o, appunto, un violoncellista. Proprio per questo le Ondes Martenot possono dirsi uno strumento moderno e antico allo stesso tempo: a ragione può essere considerato il primo vero strumento elettronico e moderna è senz’altro la sua ricerca sul suono; ma esso conserva ancora caratteristiche acustiche tipiche degli strumenti tradizionali. Al loro esordio le Ondes Martenot incontrarono il favore di tutti i musicisti del tempo. Molti autorevoli compositori le hanno utilizzate nelle loro composizioni, fra cui Jolivet, Varèse, Honnegger, Milhaud, Messiaen, Bussotti, ma la duttilità dello strumento, capace di creare atmosfere originalissime, oniriche, strane, lo vede spesso protagonista di colonne sonore nel cinema e addirittura le Folies-Bergères parigine possiedono le Ondes Martenot per accompagnare le riviste. Dall’istituzione della prima cattedra di Ondes Martenot al Conservatorio di Parigi nel 1947, occupata a lungo proprio da Maurice Martenot, si è sviluppata un’ampia scuola di ‘ondisti’ che spesso alternano la loro attività interpretativa, oltre che didattica della strumento, con quella della composizione.