Coptic Light Da inguaribile appassionato di ogni genere di arcane tessiture mediorientali, di recente ho ammirato splendidi esempi di antichi tessuti copti al Louvre di Parigi. Ciò che mi ha colpito di quei pezzi di stoffa colorata è il modo in cui trasmettono un’atmosfera essenziale della civiltà che li ha prodotti. Spostando questo pensiero a un diverso ambito, mi sono chiesto quali aspetti della musica composta da Monteverdi a oggi potrebbero determinarne l’atmosfera, nel caso in cui venissero ascoltati tra duemila anni. Credo che l’analogia possibile sarebbe sul piano dell’immaginario degli strumenti della musica occidentale. Queste sono alcune metafore che mi sono venute in mente durante la composizione di Coptic Light. Ho preso spunto da una dichiarazione di Sibelius, secondo cui la differenza principale tra il pianoforte e l’orchestra è l’assenza di pedale di quest’ultima, e ho inteso realizzare un pedale orchestrale che muta sfumatura di continuo. Il ‘chiaroscuro’ sonoro che ne deriva costituisce il nucleo compositivo e il senso dell’uso degli strumenti di Coptic Light. Morton Feldman tradotto da Franco Minganti