Sono i demoni arancioni, gli Oranssi Pazuzu. Vi chiedete perché arancioni? Arancioni perché il quintetto finnico nato tra le foreste del black metal tratta la materia a 360 gradi mescolando tinte e colori, aiutato nel compito da casa Svart, che rimane una delle etichette più intraprendenti nel declinare il verbo black in tutte le sue variabili – dai drone di Sink al folk degli Hexvessel. Non è una novità l'approccio interdisciplinare, perché fin dagli esordi i cinque hanno abbozzando intrecci psych-prog-black che si discostavano dalla tendenze Sunn O)))eggianti del momento, preferendo invece mettere le mani sul prog metal 80s dei Queensrÿche. Con Valonielu però, terzo album in studio, la faccenda diventa pressoché perfetta. Un lavoro studiato nei minimi dettagli, equilibrato nel minutaggio e nello scorrere delle tracce, capace di rivelare le proprie sfaccettature poco alla volta, anche grazie alla sapiente regia di Jaimie Arellano (già con gli Ulver) in fase di produzione. Il menù è vario e composto da derive psichedeliche, tastiere space rock, riffoni sludge, cavalcate prog, sulle quali aleggia una coltre nera che richiama i maestri Darkthrone, perché in fondo rimangono loro la bussola con la quale orientarsi, anche nel cantato growl (rigorosamente in finlandese) che offre ampi squarci di disperazione. Ma è un magma tra le cui pieghe si possono immergere i feticisti del genere come un pubblico altro, che trova soluzioni inaspettate come l'inquietudine tribal sci-fi di Reikä Maisemassa o lo psych sludge acido e rabbioso di Uraanisula, segno che qui le etichette non contano poi molto. Piuttosto ci troviamo di fronte alla riproposizione di alcuni esperimenti collage sul sentiero degli Electric Wizard – anche se lì il campo era metal-doom-stoner – rispecchiando lo stesso tentativo di scavalcare le barricate, di unire passato e presente senza farsi ingannare dal gioco della citazione.