PGR - D'anime e d'animali (***_) «D'anime e d'animali è stato scritto di getto, dormendo poco e male... Fuori l'inverno, i primi giorni dell'anno. Un fervore di pensieri ritmati dallo scrivere continuo, cervello braccia mano, le pause per rileggere, a voce alta, cercando melodie minimali a sostegno delle parole o toni di voce per farle fiorire». Così Giovanni Ferretti su questo secondo disco PGR, uscito con qualche mese d'anticipo sul previsto proprio perché la febbre si era alzata e il gruppo dopo una lunga pausa smaniava per uscire a suonare, per proporsi. Sono fra quelli che non avevano capito il primo album, un passo a lato, anziché avanti, o forse addirittura indietro, a indugiare con le rovine improvvise di quel che era stato e poteva essere, ma non era più. Questo secondo disco lo capisco bene, invece; proprio perché ha una fisionomia più precisa, perché non si tormenta più con il fantasma dei CSI, per quanto il seme di fondo continui a essere quello - ma un'aria meno plumbea, un tono, che bello! più giocoso, l'irruzione del napoletano e di arie mediterranee, il gusto dello scarto improvviso, sarcastico o incazzoso, oltre e magari contro il cerimoniale. E poi belle canzoni, molto semplicemente, quelle che mancavano l'altra volta: come la tenera, commovente I miei nonni, come il respiro spalancato di Divenire e il personale comandamento di Orfani e vedove («io sto, per quel poco che posso e che so, coi più deboli»), la divertente ma per niente fatua P.G.G.G.R dove la sigla estesa sta per «Però Gianni Giorgio Giovanni Resistono». Un disco intenso e autentico, dall'inizio alla fine. «In mezzo, aperto e chiuso dal suono della tammorra, il presente, il nostro presente» www.pergraziaricevuta.net