Piers Faccini, il cantautore anglo-italiano che presenta il suo settimo lavoro in studio Shapes of the Fall, un album che persegue la passione per i dialoghi interculturali che sono stati a lungo ascoltati sulle coste del Mediterraneo nel corso dei secoli, collegando l'Europa meridionale con il Vicino Oriente e l'Africa.
Anche se le canzoni sono scritte e cantate in inglese, le influenze musicali in Shapes of the Fall attingono fortemente alle origini mediterranee di Faccini, creando un viaggio musicale la cui geografia varia da canzone a canzone e attraversa molteplici frontiere grazie alla sua voce, dai registri folk anglo-americani innevati di canzoni come "Paradise Fell" o "Together Forever Everywhere", alle misteriose note disperse nel deserto dei modi mediorientali o nordafricani in brani come "Firefly" o "Dunya".
Rovina o riparazione e speranza o disperazione sono le narrazioni parallele dell'album e la caduta prende le forme della miriade di pericoli che compongono il mosaico del nostro collasso ambientale, la discesa, canta Faccini, dipende dal nostro fare o disfare.
''Bring me my home back'', il ritornello dell'emblematica canzone di apertura dell'album "They Will Gather No Seed", non è un'invocazione personale del cantante a una casa, ma il lamento animale di innumerevoli specie sull'orlo dell'estinzione.
Nel corso dei suoi otto album in studio, compreso quello in duo con il violoncellista Vincent Segal, Songs of Time Lost, Faccini ha approfondito la ricerca costante del dialogo musicale con artisti del calibro di Ballake Sissoko, Ibrahim Maalouf e Jasser Haj Youssef.
Due artisti eccezionali sono presenti nell'album: il cantautore californiano Ben Harper, che ha collaborato con Faccini anche nell'album Tearing Sky del 2005 e il cantante marocchino e maestro della musica tradizionale Gnawa, Abdelkebir Merchane.