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PLANTS AND ANIMALS

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Plants And Animals è una realtà canadese (Montreal) che si coagula di volta in volta attorno alle intuizioni di Warren Spicer e Nic Basque, entrambi chitarristi, cantanti e compositori. Ne nasce un progetto - che ingloba anche il percussionista Matthew Woodley e la violinista Sarah Neufeld (già con Arcade Fire e Bell Orchestre, e qui in veste di arrangiatrice ufficiale) - proteso alla riscoperta della forma-canzone articolata spesso contesa tra volute da banda popolare e sospensioni ariose, jam collettive e cavalcate robuste, ma anche forte di un ficcante concetto di contaminazione stilistica. Dopo un primo, superbo, Ep omonimo (“Ship At Night”, 2004), seguito da un ulteriore mini-Cd (“With/Avec”; Secret City, 2007), il collettivo dà il via alla stagione maggiore con il primo disco su lunga distanza.

Le canzoni di “Parc Avenue” sono spesso un autentico paradosso. La band passa con disinvoltura tutti gli stilemi del caso - dai Crazy Horse ai Rolling Stones, da CSN&Y ai Fairport Convention, finanche agli Aphrodite’s Child di “666” - utilizzandone di volta in volta le più diverse coordinate, al limite dell’atto alchemico. “À L'orée Des Bois” è perfetto revival del southern più placido dei '70 e di Cat Stevens, complice una melodia acustica che ciondola per 3 minuti fino a stemperarsi in un inno per voce di bambino e piano vintage. Gli 8 minuti di “New Kind Of Love”, uno degli apici della raccolta, sono sulle prime di nuovo perfettamente cantautoriali, poi attacca un crescendo robustoche conduce a una scalmanata concertazione corale (non lontana dagli ultimi Akron Family) e infine si distende in una visione allucinogena con flauti lisergici. Meno efficace, “Good Friend” si crogiola tra moto puntato country-rock e intermezzi per archi sinfonici, e “Faerie Dance” è la più vicino al modello della suite progressiva (passo di nuovo country-rock, processione post-rock, lenta ripresa). Il risultato è in ogni caso un manipolo di articolati organismi-canzone dotati di propria autonomia vitale, che bene o male arrivano a esternare sentimenti quasi umanitari solo vagamente imparentati con la vetusta faciloneria neo-hippie.

"Mercy”, il picco dell’album, è al contempo la più complessa e la più incisiva dimostrazione del loro eclettismo, un samba elettrizzato da chitarra eccitata, ottoni maestosi e coretti scalmanati alla Go! Team (come se non bastasse integrata da una “Guru” di chiusa a imbastirne sorta di muta, appassionata appendice). I momenti più vibranti spaziano da “Feedback In The Field”, persino stridente nel suo nevrotico andamento psichedelico, a “Bye Bye Bye", un gospel sing-along che cita Richard e Linda Thompson di "First Light", e quelli più sommessi, che vanno da una “Sea Shanty” che suona come se i Radiohead si dessero al rock cantautoriale (ma anche impreziosita da vibrato alla Warren Ellis) a una “Early In The Morning” plagiante i CSN&Y di Graham Nash, costituiscono un corpo discretamente compatto che sfila con irreale naturalezza.

Debutto che s’inserisce snello nel filone delle band allargate canadesi (Arcade Fire, Broken Social Scene, Wolf Parade, Islands, Hidden Cameras); tra tutte, è - insieme - la più aulica. Svariati i momenti di commozione, che spingono gli strumenti a una filiazione quasi trascendentale, o anche solo prettamente cromatica. Dagli Arcade Fire apprendono pure come integrare e contraddire l’andamento di un pezzo di folk deviato o deviante di suo (a metà, o poco dopo l’attacco, o come conclusione spaesata), verso lo status di placido poemetto folk-rock del nuovo millennio. I loro act trasformistici, anche se un po' appiattiti verso la semplice atmosfera di retroguardia, si spingono qui fino a confondere la direzione d’orchestra con una produzione volutamente sciatta e una pulsante resa strumentale, purtroppo tralasciando di rapprenderla attorno a carisma e a un corpo musicale definito, pure dimenticando la concisione. www.plantsandanimals.ca

PLANTS AND ANIMALS è presentato in Italia da PENTAGON BOOKING

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