Rispetto al precedente Illmatrix, in questo nuovo Moonlite Panacea c’è un cambio di label (Riforma) e anche di minutaggio, dodici tracce allora e appena la metà oggi, composte tra session casalinghe e in studio, ma tempo e spazio sono sempre questioni di lana caprina quando ascoltiamo il quartetto capitolino.
Meno swing e drumming compulsivo, le architetture d’ambiente ora giocano in sospensione facendosi più ariose e lisergiche, geometrie frattali disegnano atmosfere perse tra la caligine dell’alba e lo spazio interstellare, perenni stati di dormiveglia, paranoie e sogni lucidi, gassosa elettroacustica d’antan (Mitha Night Soup), strambe conversazioni unilaterali attraverso lo stargate (Corinthium Ocarinos), snare hip hop al ralenti che battono su intervalli persi chissà dove (Hidden Birupu), esotismi dub da colonna sonora spaccata in mille pezzi (Karplusan Forest) e bordoni di synth (Marzipan Castle).