Prima era l’altro decennio, ora è questo. Qui non si tratta della frivolezza malinconica dei The Pains Of Being Pure At Heart, perché le distorsioni mastodontiche e i volumi stratosferici delle chitarre di Elliot Frazier, le voci sommerse e quasi subliminali dello stesso Elliott e della valchiria Alex Gehring, le batterie maltrattate di Daniel Coborn riportano i Ringo Deathstarr verso un combinozzo di rock distorsivo che apre, decisamente, questo decennio. E lo apre tornando indietro, as usual, in un periodo ben definito: noi abbiamo appuntato gli anni che vanno dal 1991 al 1993. Per tanti versi le sonorità dei texani provengono da lì, da “Wish” dei Cure, dall’acid-pop degli An Emotional Fish di “Junk Puppets”, dal menefreghismo punk dei Nirvana, dai charleston sui sedicesimi dei primi Blur. Strano che una musica del genere provenga da ragazzi dell’89, o forse è proprio naturale. Quello che ci fa però far dire che abbiamo svoltato decennio è la sensazione che i punti di riferimenti siano cambiati, focalizzando le attenzioni ai Nineties (basta Eighties!), come si è già scritto a proposito degli Yuck. Non è ancora tempo per definire la musica dei Ringo Deathstarr, e non vorremmo bruciarla come shoegaze perché c’è dell’altro, molto altro. Ci siamo mangiati “Colour Trip” (Club Ac30, 2011), e ora aspettiamo l'arrivo di "Mauve", nato dopo un lungo tour europeo con loro maestà gli Smashing Pumpkins, o quel che ne rimane. www.ringodeathstarr.com www.facebook.com/ringodeathstarr