San Francisco, Parigi, Varsavia; rispettivamente: luogo di nascita, residenza e sede di lavoro. Madre svedese, padre immigrato israeliano. E' presente mezzo globo nelle coordinate di Rykarda Parasol. Dopo l'esordio del 2004 con l'EP “Here she comes ...” ed il rilascio successivo di tre lavori (“Our hearts first meet” del 2006, “For blood and wine” del 2009 e “Against the sun” del 2013) la quarantaseienne cantautrice torna sulla scena con “The color of destruction”.
Registrato agli studi Room 5 di San Francisco e masterizzato a Los Angeles, l'album si rivela il naturale seguito delle opere che lo hanno preceduto collocandosi nella parabola artistico-creativa dell'artista come prova matura, ricca di inequivocabili segnali evolutivi. Una timbrica grave, permanentemente sospesa tra l'onirico e il decadente, che riconduce alla memoria signore del rock come Marianne Faithfull, Patty Smith, Siouxsie e PJ Harvey, ci accompagna lungo il percorso disegnato attraverso le tracce di questa colorata distruzione. Tante incursioni in territori malinconici dell'anima, atmosfere in cui la vocalist riesce ad amplificare il proprio seducente pathos comunicativo. British folk, blues, pop, gothic rock, Chanson d'autore sono solo alcuni degli elementi sui quali fa leva la Parasol per illuminare la sua musica, attingendo parole ed emozioni dalla propria errabonda filosofia di vita. Un'artista che conferma le proprie eccellenti qualità e peculiarità artistiche tanto su disco quanto dal vivo, dove si rivela - con tanto di band a supporto - performer di prim'ordine: vibrante, magnetica, comunicativa.