Tatsuya Yoshida torna su Ipecac e riscopre il gusto dell'interplay sul repertorio Ruins dopo anni di solitaria a nome Ruins Alone (ovvero un uomo e le sue ossessioni). Ad accompagnarlo c'è Ono Ryoko, fiatista dal talento multiforme che spazia dal turnismo di studio all'avanguardia sperimentale. Il disco contiene solo tre inediti, due in apertura e uno in chiusura, il resto è tutto un affondo nel catalogo Ruins altezza Pallaschtom (Sonore, 2000) e Tzomborgha (sempre Ipecac, 2002), e cioè un Ruins-modo già maniera, ma al picco della sua efficacia per impatto strutturale e sonoro. Non mancano ripescaggi più vecchi come i classici assoluti Hyderomastgroningem (dal disco omonimo, Tzadik, 1995) e Snare (Vrresto, Magaibutsu, 1998). I Sax Ruins non aggiungono nulla al percorso di "Yoshi", e sarebbe cosa difficile. Non è questo il loro scopo. Il loro scopo è fare ritrovare al nostro il piacere di rimodellare le proprie personali ossessioni progcore in simbiosi con un altro essere umano. E rivendicare la paternità di certe tendenze facendo esplodere tutto il potenziale jazzcore dei Ruins, introducendo – inequivocabile – il suono del sax. Praticamente un'operazione politica e concettuale. Come già quella che stava dietro alla band madre: la ribellione della sezione ritmica al suo ruolo tradizionale di semplice base. Il risultato è un'orgia orchestrale (la Ono sovrincide più linee di sax) di jazzcore nella sua accezione più bandistico-circense, scintillante e giocosa, che ricorda fortemente gli Zu quando ancora con Roy Paci. Il maestro che riprende (in tutti i sensi) i propri allievi. www.myspace.com/ruinsband