Shelley Short ama stare nella sua casa di Portland, in Oregon, dove è cresciuta umanamente e musicalmente, ma le scelte e le necessità l'hanno portata ben presto a vivere gran parte della sua esistenza “on the road”. Il concetto di casa perciò si dilata all'inverosimile, fino a non coincidere più con quello che i comuni mortali amano definire “quattro mura ed un tetto”. Proprio questo è il concetto sviscerato in “Then Came the After”: i cambiamenti sopravvengono ovunque, anche lontano da casa, all'improvviso ti rivoluzionano la vita e te la rivoltano come un calzino. Ecco che allora bisogna allenarsi a riconoscere le cose belle, saper cogliere quell'attimo inafferrabile di felicità. Dodici canzoni leggere e morbide, zuccherosamente malinconiche: “Then Came The After” ci offre il gradito ritorno di una cantautrice matura e mai così profonda nelle liriche. Shelley ha capito che la vita è misteriosa e che solo marciando con passo sicuro attraverso viottoli di felicità, tristezza, illusione e paure recondite si riesce a cogliere quel momento inafferrabile, che distingue così nettamente il presente dalle sue proiezioni. Shelley Short canta, ed è come se ci cullasse dolcemente su di una sedia a dondolo: canzoni come “Steel”, “June” o “Caravan” non solo mettono in pace la mente, ma riescono pure a temprare lo spirito: esattamente ciò che distingue la musica vera da quella plastificata. www.shelleyshortmusic.com