"The Veil" Le premesse e le promesse di “Youth” alfine sono state mantenute da Sebastian Arnström, il musicista svedese sempre più concentrato sul suo trio Simian Ghost, mette da parte le pulsioni più sperimentali degli Aerial, per dar forma all’album pop più ricco e complesso. Più Beach Boys che Beatles, più Stereolab che High Llamas, più Field Mice che Belle And Sebastian o più Slowdive che Oasis, i Simian Ghost ripercorrono i sentieri del twee-pop con una coerenza stilistica encomiabile, mentre in converso la varietà della scrittura permette al solido corpo di diciotto tracce di suonare policromo. Esplosioni beat che fanno invidia a Pearlfishers e Saint Etienne (“Cut-Off Point”), trascinanti incursioni nel funky e nel pop anni 80 (“Never Really Knew”), accenni di library music scortate dal fluire ritmico-lirico della Sarah Records (“Echoes Of Songs”) e dondolanti twist degni della miglior tradizione rock’n’roll (“A Million Shining Colours”) tengono saldamente in piedi le suggestioni terrene e quelle più sognanti ed eteree di una musica che fa dell’immediatezza melodica il suo linguaggio base. Da buoni scandinavi, non perdono mai quella fragilità poetica capace di gelare e riscaldare il cuore nello stesso istante: il pizzicare della chitarra acustica di “August Sun” e le tastiere in lontananza di “Endless Chord” frantumano la malinconia e la solitudine, confortandosi poi con angeliche diluizioni vocali che restituiscono anima e colore a pallide e delicate armonie, e poi pigiano sul versante noise-shoegaze per celebrare nuove brillanti intuizioni in forma di canzone (“I Will Speak Until I’m Done” e “Summer Triptych”).