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SIMONE WHITE

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Ho sempre trovato la musica di Simone White un po' vuota: molto elegante, pacata, ma, ascoltati per intero, i suoi album non mi hanno mai lasciato una forte sensazione; si trattava di compitini folk ben svolti, talvolta dalle melodie orecchiabili, ma nulla di più. Mi sono, quindi, approcciato a questa sua quarta fatica, Silver Silver, convinto, già, di ciò che vi avrei trovato, ma, sono rimasto favorevolmente sorpreso. La giovane losangelina, di origini haitiane, ha deciso di rivoluzionare le carte in tavola e di arricchire le sue canzoni, concepite generalmente solo con la chitarra acustica, con un pizzico di elettronica e di strumenti e profumi rari ed inediti. Pubblicato sulla Honest Jon's, l'etichetta élitaria di Damon Albarn (leader dei Blur), Silver Silver inanella una serie di canzoni azzeccate, intramezzate da piccoli strumentali, soprattutto nella parte finale, concepiti come una sorta di stasimi. Il mondo concettuale dell'artista è legato all'ambiente familiare e delle “piccole cose”, già a partire dalla copertina, una vecchia foto di famiglia e, in special modo, nelle liriche, bozzetti di vita quotidiana e di sentimenti comuni, che hanno sempre caratterizzato la sua produzione (il beep beep di una pubblicità di alcuni anni fa di una nota automobile era suo). Flowers In May, la traccia iniziale, dal testo pascoliano, è un numerino vicino all'ambient e con una voce che ricalca gli XX, così come per la successiva Big Dreams And The Headlines, rivolta all'amato nella speranza di giorni migliori. Sorrette su una strumentazione acustica sono il singolo Never Be That Tough, che riporta alla mia memoria la cantautrice neozelandese Bic Runga, e la finale Every Little Now And Then, in cui è l'ukulele a dominare in un breve motivetto alla Ingrid Michaelson. Da menzionare è la sezione centrale dell'album, che riserba più di una sorpresa: la title track, cantata in collaborazione con Andrew Bird, si apre come una canzone folk, per colorarsi di ritmi orientaleggianti e per poi chiudersi con toni jazzati; What The Devil Brings è una pop song cupa e intrigante; In The Water Where The City Ends, come la precedente ninna nanna Long Moon, è costruita su intrecci vocali, echi, richiami, che portano alla luce l'influenza di Cortney Tidwell. Il finale vede per lo più brevi canzoni strumentali, su cui svetta Now The Revolution, che non sfigurerebbe se cantata da Thom Yorke. http://simonewhite.com/ http://www.facebook.com/simone.white.1023

SIMONE WHITE è presentato in Italia da WAKEUPANDREAM

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