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Difficile non entusiasmarsi dinanzi a Peacock Eyes, album di “quasi esordio” dei Solki, in uscita oggi. Quasi perché nel 2014 avevano già inciso Sleeper Grele, un disco interessante ma decisamente lo-fi, mentre con Peacock Eyes siamo di fronte a qualcosa di molto diverso, certamente di più ambizioso.

I Solki, una nuova band con molta esperienza alle spalle

I Solki sono Serena Altavilla, voce e chitarra, Lorenzo Maffucci, chitarra e Alessandro Gambassi, batteria, e provengono da Prato. Hanno alle spalle esperienze con i Blue Willa e i Topsy The Great, due band che si sono fatte conoscere suonando in giro per l’Europa. E questo qualcosa significa, perché Peacock Eyes è un po’ troppo per essere il disco di tre esordienti. Soprattutto in Italia.

Solki – Peacock Eyes Recensione

Con Peacock Eyes i Solki realizzano un disco che guarda molto al di là del panorama italiano

Peacock Eyes è prodotto assai bene da Alessandro Fiori. Che lavora sulla chiarezza dei suoni e dei timbri, ma lasciando il minimalismo che evidentemente è il marchio dei Solki. Quello che si può produrre con una strumentazione basica, come detto, appena appena arricchita qui e lì. Come per il violino che accompagna  Jealous Girl, o qualche traccia sparsa di tastiera. L’insieme strumentale serve perfettamente una serie di composizioni al contempo melodiche, nervose e potenti nei frequenti cambi di passo.



Senza contare che la voce di Serena Altavilla è un vero asso per i Solki: piena di variazioni, a tratti ricorda PJ Harvey. Il parallelo con la splendida musicista inglese torna pertanto anche nella musica, soprattutto se si pensa alla sua produzione degli esordi. Difficile non farsela venire in mente, per esempio, ascoltando la title track o anche la successiva Liza’s For All.

Il dream-punk dei Solki

Non mi sovvengono molti altri paragoni e va bene così, perché la musica dei Solki alla fine non ne ha bisogno. Le nove composizioni di Peacock Eyes si mantengono tutte su ottimi livelli. Dream-pop forse, ma non troppo etereo, piuttosto allora dream-punk: Fuck Youth ne costituisce un ottimo esempio.  Contribuisce poi il fatto che la voce cristallina di Serena Altavilla sia a volte sporcata da qualche filtro, con ottimi risultati. Tutti i brani suonano secchi e con pochi orpelli.



Generalmente è un bene. A tratti però pensi che potrebbero esplodere, come nella già ricordata Jealous Girl, che davvero fa desiderare una detonazione finale che poi non arriva. Chissà, magari dal vivo. Ma certamente i Solki rifuggono dalle soluzioni troppo ovvie, pur proponendo con Peacock Eyes un album godibilissimo. Nonché uno fra quelli che ho ascoltato più volentieri in questi primi mesi del 2017, e non soltanto nel panorama italiano.

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SOLKI è presentato in Italia da Cybertree Booking

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