I Sourvein sono sostanzialmente T-Roy Medlin: un uomo dal vissuto pesante e tormentato, pieno di abbandoni, lutti, alcool, droga, solitudine. In circa vent’anni di esistenza, questa formazione ha partorito soltanto quattro full-lenght (compreso questo) ed una manciata di split e lavori brevi. Ciò in virtù di una line-up camaleontica al massimo grado, che ha visto militare tra le sue fila personaggi noti nell’underground sludge-doom come Liz Buckingham, oggi negli Electric Wizard, e “Dixie” Dave Collins (Weedeater, Bongzilla).
Anche questa volta sono stati arruolati ospiti di un certo rilievo, tra i quali Reed Mullin (Corrosion of Conformity), Chris Miller (Amebix), Randy Blythe (Lamb of God), ma le coordinate stilistiche rimangono quelle note: heavy sludge mortifero e nefasto, condensato in una sorta di concept Lovercraft-iano sull’occulto marino che in realtà è una metafora della vita alienata di T-Roy stesso.
Sembra davvero di nuotare nelle acque torbide dei brani, lugubri e sinuosi, a partire dalla cadenzata “Avian dawn”, che evoca gli Sleep in versione rallentata e voce pulita. Altri gorghi risultano più minacciosi ed oscuri (“Ocypuss”, “Urchins”, “High tide”) mentre “Aquanaut” e “Capsized” ricordano fortemente il tiro massiccio degli High on Fire. Tutto vibra di disperazione, rassegnazione e tormento, sentimenti che il leader possiede in quantità industriale, ed anche quando i toni si fanno più avvolgenti (“Hymn to Poseidon”, la Sabbathiana “Pisces”) l’effetto rimane sinistro ed angosciante.