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SPIRITUAL BEGGARS

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SPIRITUAL BEGGARS Ad Astra Oggi si tende facilmente ad omologare nel, l'ambito dello 'stoner' ogni forma espressiva hard rock influenzata dalla old school d'inizio settanta, ma in realtà i confini del fenomeno si stanno estendendo: accanto ai tipici caratteri heavy-psych principalmente ispirati a Black Sabbath e Kyuss, di cui "The Art Of Self-Defense" degli High On Fire è l'ultimo, allucinato manifesto si sta evolvendo un nuovo orientamento che si potrebbe ben definire classic rock del 21° secolo. Loudmouth e gli ultimi Alabama Thunder Pussy, oltre a formazioni Rise Above a torto considerate 'doom', specie Hangnail, Orange Goblin e gli stessi Sheavy del terzo "Celestial Hi-Fi", si muovono sempre più risolutamente in questa direzione. Ma l'esempio più evidente di restaurazione del classlco heavy rock è rappresentato dal nuovo album degli svedesi Spiritual Beggars, "Ad Astra". Il gruppo dell'ex chitarrista dei Carcass, Mike Amott, si può legittimamente considerare precursore di questa linea di tendenza; infatti il suo debutto sulla 'lunga distanza' per la MFN, il CD "Another Way To Shine", venne presentato come 'retro-rock': un termine decisamente limitativo, che non rendeva giustizia all'opera degli Spiritual Beggars, impegnati a riattualizzare un linguaggio musicale che non morirà mai, ad onta del turbinoso avvicendarsi di effimeri trends... Gli scandinavi si sono proposti inizialmente come formazione triangolare, dando libero sfogo ad uno stile ruvido e viscerale, ma già nel successivo "Mantra III" lo spettro del suono esplorava nuove dimensioni, con il contributo esterno del tastierista Per Wiberg. Oggi quest'ultimo è diventato a pieno titolo il quarto membro effettivo della band, e la dinamica del nuovo album "Ad Astra" è costantemente giocata sull'asse chitarra-organo Hammond. Gli Spiritual Beggars sono davvero i Deep Purple del 2000, ma gli epici duelli fra Amott e Wiberg rievocano altri confronti leggendari di trent'anni fa, ad esempio Box-Hensley (Uriah Heep), Cann-Crane (Atomic Rooster) o Parks-Wilson (Warhorse). Anche per questo "Ad Astra" (latino di "To The Stars") è disco da sostenere incondizionatamente: restituisce infatti piena dignità ad uno strumento come l'organo Hammond, protagonista di meravigliose pagine storiche del rock, ma da lungo tempo, assurdamente ignorato da falsi modernisti e computers-maniaci. Brani di formidabile impatto come "Left Brain Ambassadors", "Angel Of Betrayal" e "Per Aspera Ad Astra" ripristinano tutto il potere emozionale dei tasti d'avorio e di una grande chitarra solista che suona realmenfe come tale, ricacciando stronzate del tipo Marylin Manson, Coal Chamber, Slipknot, Limp Bizkit, nell'inferno da cui non dovrebbero mai essere uscite. Oltre ad esecuzioni compiutamente 'strutturate', il quartetto nordico non trascura il gusto dell'improvvisazione riportato in auge dagli stoners: "Escaping The Fools" e "Mantra" (dopo un vellutato prologo di tastiere in stile "No Quarter" - Led Zep) lasciano ampio spazio a pirotecniche, policrome fughe strumentali. La via "Verso Le Stelle" è da seguire, assolutamente.

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