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Strings Of Consciousness

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Gran bel progetto quello degli Strings Of Consciousness, ensemble di una decina di musicisti provenienti da un po’ tutto il mondo, dedito a un insieme di post-rock e free-jazz che si avvale di vocalist d’eccezione per dar forza alle proprie creazioni, ispirandosi, come chiaramente fa intendere il nome del gruppo, a quel flusso di coscienza ("Stream Of Consciounsess”) che definì uno stile letterario di inizio secolo scorso, quello usato da James Joyce nell'"Ulisse", per intenderci. Ad aprire le danze l’ipnotica “Asphodel” che vede tra i protagonisti J.G. Thirwell (Foetus), iniziata da un clarinetto e proseguita tra oscuri effetti elettronici in contrasto con una voce eterea e alcuni afflati di sax. A seguire, “Crystallize It”: vampate di archi introducono Scott McCloud (Girls Against Boys), che canta come i Prodigy più tetri tra beat industriali e chitarre polverizzate. Alla terza canzone (“Cleanliness Is Next To Godliness”) arriva un piccolo capolavoro: la voce è affidata al vocalist degli Oxbow, Eugene Robinson, il cui canto parlato è prima seducente sul più soffuso dei sassofoni jazz per mutare, in corsa, divenendo più cattivo e teso sulla spinta di una chitarra minimale e ossessiva e di percussioni pesanti come macigni; un viaggio in un’oscurità che diventa via via sempre più torva e paurosa. La formula del gruppo potrebbe sembrare ripetitiva, ma il fatto di affidarsi a voci provenienti da background diversi tra loro fa sì che queste imprimano il loro tocco personale alle canzoni di cui si fanno protagoniste; si prenda come buon esempio “Sonic Glimpes”, in cui l’ex Bad Seeds Barry Adamson fornisce una gran prova da crooner in un mix di Waits, Lanegan e dell’ultimo Scott Walker. Dopo l’intermezzo acustico di “Defrost_Oven”, episodio per arpa e voce (Lisa Smith Klossner), arriva la prima delle due tracce affidate a Black Sifichi, francese poeta/autore di spoken word, che fa da colonna portante alla splendida “While The Sun Burns Out Another Sun”. Ancora una volta il flusso inizia con delicatezza per poi crescere in un’intensità tutta edificata da vibrafono e chitarre. A due facce è pure “In Between”, con la voce cavernosa di Pete Simonelli (Enablers) a recitare con contorno di corde pizzicate e archi stonati, in un salire sciamanico che ricorda le poesie in musica dell’indiano John Trudell; per la chiusura, torna Black Sifichi che presta la sua poesia vocale a “Midnight Moonbeams”, sulfureo post-rock. Un disco non facile, questo degli Strings Of Consciounsness, che piacerà agli amanti del post-rock, ma che annovera anche alcune imperfezioni di trama. Progetto che però è frutto di una idea interessante e che, se sviluppato in maniera più estrosa, magari lasciando ancor più libertà agli artisti coinvolti, può trasformarsi in qualcosa di eccellente. www.stringsofconsciousness.info www.myspace.com/stringsofconsciousness

Strings Of Consciousness è presentato in Italia da nessuno

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