Baltimora, cuore pulsante dal ritmo sincopato di una scena indie che sembra stia già diventando tradizione. I Sun Club sono nati e cresciuti proprio nell’attiva città dello stato del Maryland, quella di Beach House, Lower Dens, Future Island, Animal Collective, e non ultimo Dan Deacon. Gente che sta facendo scuola, nonostante forse sia presto per definirla tale, che effettivamente smuove l’interesse di molti, in un modo o nell’altro. Parlare di revivalismo potrebbe essere azzardato (chissà quali sono i tempi tecnici secondo cui una moda diventa revival), ma è qualcosa che ci si avvicina: il disco d’esordio dei Sun Club, The Dongo Durango, ha tutta la volontà di rifarsi a quel mondo, a quel microcosmo, imbevuto di indie-pop fino quasi allo sfinimento.
Uscito via ATO Records, l’album ha avuto una buona risonanza in America. Molti portali di musica, tra cui Spin e MTV, hanno dedicato alla band parole entusiaste e speranzose. Il disco è stato definito da Stereogum come un album di «licenziosità sonica, tanto inebriante quanto fuorilegge», a sottolinearne la natura “against the system” dei cinque giovani Millennials o Yucci (o qualsiasi altra categoria diabolica e aleatoria vogliate utilizzare per definire i giovani di oggi). Non che effettivamente non abbiano un atteggiamento di sfida verso il sistema, ma è più del tipo adolescenziale, da scritte sugli zaini e stringhe colorate. L’intero album è connotato da questo approccio da teenager, ed è forse questo il motivo per cui negli USA è stato particolarmente apprezzato mentre fuori dai confini ha convinto poco. Che sia indie-adolescenziale o pop-adolescenziale o rock-adolescenziale, l’America è la regina della creazione di questi piccoli miti.