Sven Kacirek è sia un seguace del ritorno al suono suonato - almeno per quanto concerne le percussioni - sia un produttore d'elettronica, che non vuole però rinunciare alle evoluzioni ritmiche degli ultimi decenni. La verità per lui sta in mezzo - vedi il libro a sua firma dedicato a come suonare - con le pelli - drum'n'bass e altri suoni computerizzati del 2000. Troviamo un surrogato di questo approccio in The Kenya Sessions, album frutto di un viaggio in Africa che per il Nostro è stato folgorazione di suoni, (poli)ritmi, e voci autoctone, nonché il risultato di una stratificazione esperienziale, o di un “ritorno” in un moto uguale a quello dal digitale all'analogico, seppure qui condotto dal Sud al Nord del mondo (per dirla come lo fanno le note di copertina, “recorded in Rangala Village and Jafferstrasse no. 10”). La chiave dell'album è la sovrapposizione di sensibilità, che a volte produce strane alienazioni tra l'euforia africana e l'emotività repressa delle lande europee (Paperflowers, Vuvuzela In White). È curiosa questa “restaurazione attenta” in un mondo che valuta le possibilità delle tecnologie, come quello dell'elettroacustica. E forse le voci keniote e somale nascondono la stranezza dell'operazione, dandoci esempi di armoniosi crash culturali, più che programmi di ribellione alla logica mcluhaniana. Ad ogni modo, sembrano a volte sopravvivere a se stessi più i primi piani “terzomondisti” (Walk To Rangala, scritta dalla Rangala Village Community), affiancati ad autorialità miste dello stesso Kacirek con autori africani (Old Man Small Studio, composta insieme a Owino Koyo), nell'economia del disco, piuttosto che le sofisticazioni percussive contrappuntate – ma da lontano - di canti popolari delle comunità locali (Headphones & Headdress). Parafrasando, è lo “stare là” che dà la tenuta a The Kenya Sessions, non il “tornare qua”. http://svenkacirek.de/