Le otto tracce di Castaways (il nome della band e il titolo compaiono in copertina tradotti – significativamente – in codice morse) costituiscono un lavoro conciso nel quale sono state distribuite, intrecciate, compresse una notevole quantità di situazioni, di azzardi organizzati. In ogni traccia un disperdere le tracce (!), un divagare pianificato, la rotta spezzata e ricomposta con cura, la disarticolazione post-faunistica degli Animal Collective a scuotere ingranaggi kraut e avventure prog, uno spettacolo d’arte varia insomma che finisce per sembrare una rappresentazione in punta di frenesia dello spaesamento profondo figlio dei tempi, assieme a un bisogno tenace di rintracciare se stessi nel cuore del caos.
In mezzo alla scaletta spicca Still Life col suo incedere dinoccolato e androide che di colpo collassa in una processione da brass band un po’ alcolica e un po’ funeraria, come dei Tv On The Radio accartocciati M Ward: non hai ancora capito come faccia a stare in piedi ma ti ha già ipnotizzato. Buona cosa, davvero. Assai buono anche il graffio elettrico di Gravity tra sincopi e barriti sornioni à la Morphine, così come il piglio dritto di Foreign Dance a bagno nel dialogo tra (contrab)basso legnoso e piano erratico, prima di quel delirio orientale in cui la voce di Chimenti si disimpegna febbrile ma senza mai mollare le redini. Ibiza ‘87 fa bene quel che ti aspetti in chiusura in un disco del genere, somiglia a un approdo ed è assieme il punto dove coagulano i diversi smarrimenti, tra la solennità crepuscolare del piano e il trasporto esausto del canto, in un’emulsione traslucida di fiati e tastiere.