"Octopus4" Che cos’è un algoritmo? Semplicisticamente, possiamo definirlo come una sequenza ordinata di operazioni che porta ad un risultato ben determinato. Abbiamo optato per questo mini parallelismo scientifico per presentarvi la peculiare proposta di questo The Algorithm, monicker dietro il quale si nasconde il dj francese Remì Gallego. Il nome prescelto dal nostro dj risulta quanto mai azzeccato per tradurre in una sola parola la sua proposta musicale, in quanto il giovane Galletto combina in un mash up delirante una quantità imbarazzante di generi musicali diversi, riuscendo nel compito non affatto semplice di dare alla luce un prodotto unico e musicalmente molto valido. Il ragazzo ha iniziato a guadagnare popolarità dopo la release del suo primo lavoro “Polymorphic Code” risalente al 2012, grazie al quale è riuscito a portarsi a casa il premio per Best Underground Act ai Metal Hammer Awards di quell’anno. Il Nostro non si è lasciato intimorire dal clamore suscitato ed ha ripreso esattamente da dove aveva lasciato. Ci troviamo oggi di fronte ad un’opera molto complessa, sfaccettata e variegata; estremamente pericolosa nel suo essere borderline a livello di generi ed influenze, ma comunque immediatamente fruibile e catchy. Cominciamo subito col dirvi che due terzi degli utenti medi del nostro beneamato portale grideranno con ogni probabilità alla scandalo, trovandoci noi al cospetto di un’opera di musica elettronica. A dispetto di quale sia il mezzo utilizzato, però, questo lavoro risulta indiscutibilmente metal al 100%. Il nostro giovane Remì si diverte a giocare con gli stili e le influenze più disparate, senza timore alcuno. Anzi, abbiamo quasi la sensazione che più i generi siano antitetici e discordanti tra di loro, più il Nostro ci provi gusto. In queste dodici tracce ci imbattiamo in cattivissimi drop dubstep, atmosfere electro soffuse, tamarrate eurodance anni ’90, growl, parti rappate in francese, blastbeat black metal, inserti drum ‘n bass, riffoni pesantissimi di scuola thrash e veramente molto, molto altro ancora. Un’analisi track by track risulta davvero impossibile, data la natura mutevole e delirante di questo “Octopus4”. Ad ogni modo, i migliori episodi che ci sentiamo di consigliarvi per aiutarvi a comprendere quali siano le coordinate di questa opera sono le tracce “synthesiz3r”, la quale ricorda molto un sound score di un coin-op degli anni ’80 per poi esplodere in una sfuriata techno-death sul finale; e la conclusiva title track, che nel corso dei suoi dieci minuti di durata spazia con una fluidità ed una naturalezza imbarazzante tra quasi tutti i territori della musica heavy moderna: black metal, progressive trance, metalcore, noise, ma anche un spruzzata di bossanova come fade out per calmare gli animi. Posta in questi termini, potrebbe sembrare una semplice accozzaglia di influenze e stili diversi messa insieme per stupire e fare rumore, ma in realtà questo “Octopus4”, dopo molteplici ed accurati ascolti, risulta essere un’opera piacevolissima, fluida e incredibilmente coraggiosa nella sua lucida follia. Vi consigliamo caldamente di avvicinarvi a questo lavoro nella maniera più incosciente possibile, chiudendo gli occhi e tenendo bene aperta la mente. Per coloro i quali sapranno riuscirci, le soddisfazioni saranno molteplici.