The Hacienda EP segna il grande ritorno della band fiorentina capace di inseguire i propri sogni Oltremanica Il rock è diventato oggi un passatempo per ragazzi ricchi. Oggettivamente servono un sacco di soldi per permettersi di andare in tour senza guadagnare un euro, comprare attrezzatura, non aver bisogno di lavorare per vivere. Molto più semplice fare musica in casa, con un computer, buttarla su internet e vedere che succede. Molto più remunerativo, per quei pochi che non ne escono depressi, tentare la via del talent in TV. Eppure c'è qualche pazzo che intende dimostrare il contrario: che farcela, lontano dal proprio paese, senza i soldi di papà, senza mettere in discussione la propria visione musicale, è cosa possibile. Ed è anzi cosa bella e autentica. E' la storia degli Hacienda. Siamo nel 2004. Un gruppo di amici fiorentini working class, animati da mentalità quasi ultras e all'epoca un acerbo cuore soul, inciampano da bimbi negli Oasis e da lì iniziano una sorta di corrispondenza epistolare con il mondo del rock'n'roll britannico. Leggono lettere, più che scriverne, e ascoltano dischi su dischi su dischi, modellando il proprio stile di vita a immagine e somiglianza di foto sixties o dei cool nineties britannici. Come nella letteratura, copiare i classici è la migliore maniera per imparare il linguaggio, i codici, i basilari. Intanto iniziano a farsi notare: vincono il Rock Contest di Controradio, partecipano a Mtv Operazione Soundwave, suonano nei principali festival italiani (MI AMI, Arezzo Wave). La storia li chiama verso casa nel 2009, prima di beffarli senza pietà: vengono scelti come opening act dei loro idoli mancuniani, ma il giorno prima dell'IDAY Festival a Milano, i fratelli Gallagher litigano furiosamente, sciogliendo definitivamente la band. Quello stesso giorno suoneranno così con Kasabian e Deep Purple, scelti per sostituirli, ma non è la stessa cosa. Il destino pagherà parzialmente il suo pegno qualche anno dopo, quando gli Hacienda avranno l'onore di aprire la tournèe italiana dei Beady Eye, la band che nacque dalle ceneri degli Oasis, ma senza Noel. Non finisce qui. Il legame con il Regno Unito è fortissimo, cementato fin da un nome che è un omaggio allo storico locale di Manchester che fu teatro delle avanguardie e laboratorio di pop del futuro negli anni Ottanta, nonché seconda casa per gruppi come New Order, Joy Division e Happy Mondays. Dopo un EP, due album, uno split album con gli Wemen, gli Hacienda sentono di aver dato e ricevuto tutto dalla loro città e dall'Italia. D'altronde Firenze, grazie a loro e insieme a loro, ha dimenticato per un istante d'essere la culla della lingua italiana ed è diventata un posto fertile e ricettivo per band che guardano ad Albione come un pellegrino islamico guarda alla Mecca: almeno una volta nella vita bisogna andarci. E allora si va, ma non da turisti. Caricano tutto nel loro furgone, salutano le loro famiglie, i loro amici e il loro batterista Leonardo, che invece decide di rimanere a Firenze. Affittano una casa a Tooting, nel sud di Londra, vivendo per i primi mesi tutti assieme, e iniziano a cercarsi un lavoro. Perché Londra è cara e servono i soldi per vivere. Senza però perdere di vista la finalità di questo trasferimento: è il tempo di iniziare il nuovo capitolo, questa volta inglese per davvero, della loro storia. E' come ripartire da zero, perché se è dieci anni che suoni in Italia, nella capitale mondiale della musica devi costruire tutto daccapo. Ecco allora un nuovo EP, finalmente. Registrato al Fish Factory Studio di Dollis Hill, nord di Londra, laddove nel passato lavorarono mostri sacri come Pulp e James. Copertina realizzata da Ian Skelly dei Coral, con cui gli Hacienda si sono incontrati e piaciuti in una serata della Skeleton Key Records, la loro etichetta, presso il Macbeth in zona est. Cinque canzoni che sono una sorta di bignami di quello che sono oggi gli Hacienda: un incrocio delizioso e piacevole fra le mille strade del soul, del rock e della psichedelia. Perfetti per scaldare il cuore e la pista di chi si guarda attorno e non si trova rappresentato da questo presente follemente veloce. Cinque canzoni in cui le melodie vocali e chitarristiche di Alessandro Gianferrara si intrecciano ai riff selvaggi di Donnie Guasto, poggiandosi senza aver mai paura di sbagliare sulla sezione ritmica tonda e chirurgica di Andrea Palombi e Gimmy El Helou, il tutto corroborato e incollato dalle tastiere feline di Francesco Perini. E' un attimo perdersi nelle code romantiche di “Indian Love” o in quelle lisergiche di “She's Mine As The Sun”, ma poi ci pensano pezzi come “Too Late” a ricordarci la vera natura degli Hacienda. Perchè fra Novoli e Brixton, fra Sesto Fiorentino e Croydon, fra il Tamigi e l'Arno, ci sono sicuramente differenze di panorama e di tessuto sociale, ma vi è una simile tensione di fondo che rende la musica, questa musica, un mezzo per fare stare bene la gente, per farla cantare a squarciagola. Per darle un motivo vero per stare assieme mentre tutti hanno gli occhi persi nel loro smartphone. The Hacienda EP uscirà il 10 Ottobre su Black Candy Records con distribuzione italiana Audioglobe, questo il trailer che anticipa il disco: https://youtu.be/NE-twJAwsJA https://www.facebook.com/thehaciendaband http://www.blackcandy.it/