l"69 Love Songs" vive su un doppio binario: musicale e lirico. Concettualmente ci troviamo di fronte a un lavoro che si presta a rimandi anche piuttosto alti: i sonetti d'amore di Shakespeare. Sessantanove modi di raccontare l'amore, capaci di racchiudere l'intero scibile umano, modulando toni e situazioni. Merritt si fa cantore di grandi e piccole storie, di episodi che vanno dall'ironia piùirriverente alla drammaticità irrecuperabile.
Il bagaglio musicale di Merritt è incredibilmente ingombrante: arrangiatore meticoloso, con "69 Love Songs" ha voluto mettere in fila anni di ascolti e di studi (dalla stravaganza dei musical hollywoodiani al folk primordiale, dal synth-pop a variazioni di stampo classico), e spalmarli su arrangiamenti personalissimi, composti grazie a un vero e proprio armamentario (impressionante, in questo senso, l'elenco contenuto nel booklet), diretti aggraziatamente con l'ampiezza di chi si muove tra il retrò e il moderno, per abbracciare ogni fase di quella che continuiamo semplicemente a chiamare "musica pop". Ed è in questo modo che esplode l'amalgama che unisce l'ensemble da camera con una personale rappresentazione di messa in scena sinfonica. Ma i rimandi vanno oltre Spector e la maniacalità di Brian Wilson: gli arpeggi di "Time Enough For Rocking When We're Old" sono austeri quanto quelli della "Avalanche" di Leonard Cohen, e una linea vocale di "How To Say Goodbye" omaggia esplicitamente "It's All Over Now, Baby Blue" BOB DYLAN.